(Endearing 2002)
New York non è soltanto il caos cosmopolita, industriale e finanziario dei Tg o il simbolo di un’America frenetica e definitivamente cyborgizzata in insegne al neon e immense strutture di acciaio e cemento. Mr Page Hamilton e soci non ce l’hanno raccontata giusta, o non ce l’hanno raccontata tutta. Altrimenti fragili poeti musicali come Julia Frodahl o Jason Crigler non potrebbero trovarvi dimora. Devono esserci dalle parti di Brooklyn anche luoghi appartati, viste e panorami di riposta serenità, dove immergersi in atmosfere intime e riservate come quelle che sgorgano da quest’album. Oppure l’omonimo album degli Edison Woods è un miracolo inspiegabile.
In otto meravigliosi episodi di delicatezza elettroacustica sfilano a poco a poco impressioni quotidiane, riferimenti letterari, lirismo contemplativo. I contenuti dell’album traggono ispirazione da carteggi epistolari con amici o da biografie di poeti come E. E. Cummings, Paul Bowles, Vivian Haighwood. Le atmosferiche chitarre di Crigler, il violoncello di Linnea Weiss, il violino di Enion Pelta, il piano e la stupenda voce sussurrata della stessa Julia li trasformano poi in distillati acustici di una purezza ineguagliabile. Le fluttuanti sonorità degli Edison Woods evocano la possibilità di immaginare dei Labradford più suadenti, una Lisa Germano dolcemente immobile , dei Mazzy Star con un velo di malinconia in più. L’album, inizialmente autoprodotto dalla band prima di trovare fissa dimora presso la canadese Endearing Records, è anche la splendida colonna sonora del documentario “Transition to Triumph” di Amy Lawday, ed altro materiale è stato scritto per il cortometraggio “Fortunes Fool” della newyorchese Jadina Lilian, quasi a conferma delle implicite potenzialità visive insite nella musica degli Edison Woods.
Dedicato a chi ama fermarsi tra tepori vicini e rumori lontani, ormai quasi a malapena distinguibili.
Voto: 8
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