Ad esplorare i territori dell’incomunicabilità ci pensano i viennesi Radian con un album, il terzo per l’esattezza, che si colloca tra post rock, avant-jazz di termine e microelettronica. Musica del silenzio dicevamo ma con una energia intrinseca pronta a liberarsi in dirompenti scariche di elettricità scandite dai tamburi in galleggiamento di martin brandlmayr e punteggiate da frequenti cambi di battuta, breaks e rotture. L’impressionante padronanza delle tecniche di digital sound processing riesce a dare a questo trio (basso, batteria e synth) la possibilità di dirigersi oltre i confini del suono strumentale, spiazzando così anche gli ascolti più disincantati che vengono proiettati in luoghi sonici mai battuti prima d’ora. Gli ampi spazi intrinsechi tra i suoni vengono riempiti da una moltitudine di microdisturbi in un escalation di addensamenti e diradazioni che porta questa non musica verso i limiti della sperimentazione pura. Non è un caso la partecipazione dei Radian a molte manifestazioni di musica d’avanguardia in giro per l’Europa come la quotatissima All Tomorrow’s Parties in Inghilterra. Un disco per menti aperte. Assolutamente da avere.
Voto: 7
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