Se siete di quei personaggi lamentosi che non riescono a farsi una ragion d’essere della propria appartenenza al maledetto stivale (n.d.r. vedi italia) e della conseguente pochezza di stimoliinputfascinazioni musical-linguistico-visive forse siete arrivati al punto di svolta.
Basta mettere questo ‘Il Cucchiaio Infernale’ nel vostro ingoia supporti audio con raggetto laser.
Di sicuro non stanno con le mani in mano i nostri Rifuti Umani Non Identificati: amicizia collaborativa con Bugo, Bruno Dorella di Bar La Muerte, Jacopo Andreini.
Fossi più inglese avrei già creato l’impalcatura per un’ipotesi di scena italiana.
Peccato il clima non aiuti questa identificazione-trasfigurazione personale con nebbia di contorno. Preferisco vedere il tutto come confluenza di individui, poi ovviamente fra personaggi umani (o meno) ci si scambia idee, impressioni, dischi ecc.
Se qualcosa c’é in comune fra i suddetti personaggi penso sia, appunto, il fatto di frequentarsi. Amicizia, frequentazione come del resto esiste con Mirko Spino della Wallace (che insieme a Beware e Bar La Muerte ha prodotto questo cd).
Tirando le somme secondo me i R.U.N.I. non suonano uguali a nessun altro, al momento, in italia.
Una sana vena primitivista e molto 80’s (Devo in primis), amore per le colonne sonore da film, presenza strumentale grassa e rotonda con dilatazioni temporali prog-post senza noia. Collante dell’operazione sana sanissima ironia distribuita con discrezione fra le tracce, elettronica dispensata un po ovunque e in varie forme (synth, campionamenti, nastri).
Godibilissimo tutto il prodotto con picchi: Clinicocchio incedere saltellante primitivista per un pezzo che potrebbe essere un hit da club di adepti della chiesa del Sub-Genius, Monstri Gamordi colonna sonora post-surf con contrapunto clarinettistico che ci fa rotolare con i suoi arpeggi-intrecci, Il Technosiciliano una chitarra arabescata spalleggia una voce filtrata aprendosi a break irruenti ed accelerati per calare in atmosfere alla Piazzolla che evolvono in ostinati chitarristici contornati da synth vintage risonante, Il Tempo é Disco (e io non lo capisco) bleep dissonanze riff e saliscendi scalistici con voce vagamente-ska su testo da locandina di film per cultori delle arti marziali orientali (strappare cuori con le mani non é male, anche vagamente romantico), In fondo in fondo siamo tutti assitenti pedagocigi fiati da club jazzistico, incedere funk di basso-batteria con contorno di aliena caratterizzazione delle tastiere e finale acustico.
Brani dallo sviluppo quasi lineare si alternano a sgroppate finto-psichedeliche divertendendo e non annoiando mai (e porca troia non mi dite che é poco altrimenti dovrò pensare che siete emigrati da qualche parte che non sia qui!).
Ottimo!
Approfondiremo a breve il discorso R.U.N.I.
Controllate Kathodik, comprate il cd dei R.U.N.I. e non vi preoccupate dei grassi bruciati per portare a compimento le operazioni in questione… divertirsi aumenta l’appetito.
Burp! Pardon.
Voto: 9
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