Quarto capitolo del fortunato sodalizio con Rick Rubin iniziato con “American Recordings” nel 1994 e proseguito con “Unchained” (‘96) e “American III: Solitari Man” (’00).
Grande merito del produttore è stato quello di dare nuovi stimoli e veste sonora al famigerato “Man in black”; un suono scarno e minimale, chitarre acustiche, piano e raramente la batteria (eccetto in “Unchained” dove è accompagnato dalla band di Tom Petty, gli Heartbreakers), mettendo in primo piano la sua inimitabile voce e le sue indiscutibili doti interpretative. Inoltre Rick Rubin ha posto all’attenzione di Cash una serie di canzoni difficilmente pensabili nel suo repertorio, dando vita ad una serie di stupende cover di varia estrazione (Soungarden, Nick Cave, Will Oldham, Beck, U2, Neil Diamond…..).In definitiva tre capolavori.
Il nuovo lavoro “American VI: The Man Comes Around” è stato il più sofferto e di difficile realizzazione, complici i vari problemi di salute di Cash che negli ultimi anni lo ha costretto a continui “pellegrinaggi” tra ospedali vari; una grave forma di polmonite, un problema alla mascella che in certi periodi gli rende impossibile aprire la bocca, (figurarsi cantare), e in ultimo una diagnosi di morbo di Parkinson. Quindi un lavoro dalla gestazione problematica ma fortemente voluto, una sofferenza che aleggia in ogni traccia dell’album.
Importante l’inizio di The Man Comes Around, un nuovo brano di Cash, che dice ispirato ad un sogno dove il cantante è al cospetto della Regina d’Inghilterra che gli dice “Johnny Cash, sei come un biancospino in una tempesta”, sogno che diviene una stupenda canzone, spoglia, ritmata con continui riferimenti biblici. Questo brano insieme alle conosciute Give My Love To Rose e Tear Stained Letter, completamente acustica la prima, l’unica con basso e batteria la seconda, sono gli unici brani firmati da Cash. Il resto sono ancora una irresistibile sequenza di cover personalizzate e rese proprie come solo i “grandi” sanno fare.
Hurt dei Nine Inch Nails diviene una struggente ballata con un piano ossessivo che esalta la drammaticità del brano, intense e commuoventi Bridge Over Troubled Water (Paul Simon) ed Hung My Head (Sting), i Depeche Mode di Personal Jesus si trasformano in un country-blues minimale ed “impensabile”, mentre il fantasma di Hank Williams viene rievocato in duetto con Nick Cave.
Troppe parole rischiano di sminuire la grandezza di questo lavoro, dove ciò che fa la differenza e protagonista assoluta è la voce, evocativa, intensa e sofferta nella sua semplice naturalezza.
Ultimo accenno per il finale, We’ll Meet Again, un brano degli anni quaranta che ha il sapore di una promessa; “ci incontreremo ancora” dice Cash, dove e quando non lo sappiamo, ma lui ci sarà.
Voto: 10
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