(Echomusic 2002)
Guy Clark è un’icona per tutto il movimento roots, e ogni suo nuovo disco per noi è motivo di gioia. Un sentimento dovuto innanzitutto all’uomo oltre che alla sua musica: una persona schiva che rifugge il successo, le luci patinate, le falsità che riempiono la vita di sciocche superstar di plastica, ma che al contrario distilla le proprie canzoni come un buon whiskey, e cioè lentamente, con parsimonia, con un risultato finale che come al solito (nel suo caso) da l’idea di una serie di poesie messe in musica. Guy Clark è il depositario di uno stile raro e prezioso, nelle sue ballads infatti troviamo perfettamente amalgamati in un tutt’uno malinconia gioia e tristezza in un risultato finale che risulta sempre toccante e struggente. La musica è scarna e gli strumenti, dosati sempre in modo giusto, danno spessore e corpo alle ballate arricchendole di pathos e fascino. Tra i brani segnalerei Rex’s blues dello scomparso amico Townes Van Zandt (altro grandissimo) che Guy sembra sentire particolarmente, Soldier Joy,1864 ballata secessionista raccontata più che cantata con un bell’accompagnamento di banjo e violino oppure l’iniziale Mud particolarmente malinconico con echi da western crepuscolare. Il disco scorre via così, tutte ballads dotate di grande linearità e semplicità, il suo marchio di fabbrica insomma. In trent’anni Guy Clark ha inciso solo undici dischi, pochi è vero, ma la sua parsimonia lo ha sempre premiato. “The Dark” lo conferma nei migliori dei modi.
Voto: 8
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Autore: letitrock@tiscali.net