(blanco y negro/Wea Records 1985)
Uno dei gruppi più citati nelle interviste di quei musicisti – in special modo nordamericani; penso ad esempio agli Aluminum Group o a Jenny Toomey & Franklin Bruno – che, provenendo da esperienze diversificate e magari contraddittorie mirano alla realizzazione della perfetta forma canzone inseguendo il mito di Brian Wilson. E’ sicuramente un duo britannico che ha sempre goduto di un buon riscontro di vendite e di popolarità, ma quasi mai è assurto agli onori delle cronache: gli Everything but the girl. Il CD “Love not money” è l’opera seconda di Tracey Thorn e Ben Watt e risale al 1985; “Eden”, l’esordio dell’anno precedente aveva ottenuto risultati lusinghieri, e il seguito mostra due musicisti decisi ad affrontare una sfida artistica assai stimolante, ossia coniugare il suono dei loro tempi con interferenze provenienti da altre epoche della storia della musica pop. Infatti, una canzone come When all’s well sembra corredata dalla chitarra di Johnny Marr dei coevi Smiths addizionata ai fiati di una big band; invece la successiva Ugly little dreams sfocia in lidi simil-country francamente inaspettati mentre Shoot me down aspira ad essere una versione rinnovata delle torch-songs degli anni Quaranta e Cinquanta; andando avanti, le atmosfere celtiche-impegnate cosi care ad alcuni gruppi della metà degli anni Ottanta presenti nella Sean cantata da Watt – ma più che gli U2 mi sono venuti in mente, chissà perché, brandelli dei Simple Minds di “Sparkle in the rain” e dei Big Country di “The Crossing” – confliggono, due canzoni dopo, con l’accorata e classica ballata This love (not for sale).
A mantenere sui giusti binari un CD che potrebbe sembrare il prototipo di un’improbabile ed indigesto pastone sonoro sono le capacità che fanno grandi, a parere di chi scrive, tutti i maestri del cosiddetto pop: la capacità di scrivere non solo grandi canzoni, ma anche efficaci arrangiamenti (sentire la conclusiva Angel), la forza di risultare credibili a distanza di tempo (Trouble and strife è inconfondibilmente nel 1985, ma oggi non perde la sua convinzione), l’abilità interpretativa (Tracey Thorn non ha, fortunatamente, solo una grande voce, ma anche la capacità di rendere credibili e appassionati i brani che canta, e non solo i suoi: sentire per credere la Protection e la Better things dell’album “Protection” dei Massive Attack). Queste qualità permettono agli Everything but the girl di manipolare con spregiudicatezza i materiali più scivolosi: grande insegnamento a chi vuole scrivere canzoni che restino.
Voto: 8
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