(Snowdonia/Audioglobe 2003)
Amo chi mi cambia le carte in tavola. Ravviva il gioco e mi dona benefica sensazione di stordimento (chi l’ha detto che solo gli orgasmi fungono da istantanee vacanze dal pensiero?… dischi come questo, guarda un po’, funzionano altrettanto bene…).
Ma cos’hanno cambiato i Maisie? Forse proprio nulla…. uhm… titolo pazzoide, grafica (‘in’) (solita), strange music deviante (come da copione?…)….
E invece , udite udite….. “No!”. Dato che questa volta i Maisie sono in grado di spiazzare letteralmente chiunque.
Uno perché “Bacharach for President, Bruno Maderna Superstar” tra i suoi frizzi e lazzi sintetici si rivela una sorta di attualissimo mercatino delle meraviglie (il ‘tutto e il contrario di tutto’ stavolta non sarebbe illegittimamente abusato ma nel dubbio…) dove ognuno, e sottolineo ognuno, può recarsi a far compere e non solo gli Snowdonia addicts.
Due perché (possibile?) l’album denota un vero e proprio impeccabile savoir faire in fatto di scrittura e composizione dei brani senza per questo dare l’impressione di arteriosclerosi incipiente.
Tre perché con “Bacharach…” i Maisie riescono per lo meno in due o tre episodi a farsi letteralmente “a-ma-re”.
Vado a dettagliare l’a,b,c appena esposto per i soliti pedanti filo-esplicatori.
A: Cinzia La Fauci e Alberto Scotti con la loro nuovissima collezione di ben diciannove brani sono in grado di lanciarsi in deltaplano dal Bjork sound di Sense of Speed o I’m Ashamed ai mattachioni divertissement di marca Stereo Total (ma versione lunare) dell’iniziale Listen, It’s Obsessive fino a una sorta di riedizione in plexiglas dei Current 93 in Dancing Stone, alle divagazioni electronic-spettral-jazzoidi di Flight Song#7, ad H.A.A.D e alle sue suggestioni vocali tra Scott Walker e Jacques Brel (viene da chiedersi se ti stanno portando per il culo ma ti ritrovi ad essere troppo impegnato ad ascoltare…).
L’album vive di tutto un lavorio di microrimandi che sarebbe impossibile mappare… d’accordo, butto lì una cosetta per i qualunquisti: immaginate dei Broadcast in acido oppure dei Die Moulinettes a cui è stato iniettata una bella dose di dna ricombinante… oh insomma… davvero… mi state distraendo…
B: Sebbene permanga la loro peculiare predilezione per le sbavature (me li immagino da piccoli a sconfinare appositamente dai bordi nei libri da colorare solo per far incazzare il compagno di banco), stavolta devo dire che il tutto sembra più ‘fatto ad arte’, più orchestrato, più mirato… i casi sono due: o ci hanno perso più tempo o hanno ultimato l’acquisizione di una vera e propria ‘formula Maisie’ del perfetto equilibrio tra irriverenza e concertazione (vedi il ‘pingue’ bellissimo strumentale Easy Tune for Simon Jeffes).
In fatto di concertazione comunque… di passaggio segnalo il loro gradevole uso dell’idioma anglosassone. Gradevole perché lontano anni luce da velleitario adeguamento market-oriented alla Yuppie Flu per intenderci e perché invece giocosamente e strumentalmente ‘usato’ in maniera simil Battiatesca vecchio stile.
Tutto questo però non deve farvi perdere di vista il punto C: se infatti a onor del vero il disco nei suoi oltre settantuno minuti fa alla fine avvertire una certa ridondanza o pesantezza nell’incedere ripetuto di ritmi cadenzati (seppur diabolicamente creati a livello di groove stranito), a salvare egregiamente la situazione intervengono alcuni brani che meriterebbero senz’altro un’edizione nel vecchio formato a 45 giri (parlo di Sipsysosilly suprema sintesi travalicante le ben note istanze Flaming Lipsiane e di Am I Not a Fucking Vegetarian col suo piglio fifties da dopobomba).
Un consiglio: non credete a tutti quelli che superficialmente bolleranno questo disco come interamente ‘pop’… non è così… Il pop può vantare infatti una sola qualità che lo contraddistingua da tutti gli altri generi musicali: …vale a dire… il fanatismo. Vale a dire quella sensazione da invasati che porta a riascoltare quel medesimo brano all’incirca un milione di volte…
E’ proprio quando ho sentito il bisogno di premere il tasto ‘repeat’ un pelino in più del dignitoso per i brani appena menzionati… che ho capitolato al fascino globale dell’intera operazione.
Come diceva Joe Orton: “People may be profoundly bad, but irresistibily funny”.
Devo aggiungere altro?
Voto: 9
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