(Transcopic, 21 ottobre 2002)
Per la serie:‘Crow Sit on the Blood Tree’ part II. Questo quarto album infatti, sfornato mentre stava lavorando anche al nuovo album dei Blur, continua sullo stile country/blues (rinfrescandolo però, grazie_al_cielo, con il noise genetico e il lo-fi delle sue chitarre…be’…non considerando ’Mountain of Regret’ in cui si lascia andare ad un classico esercizio di stile country). E, anzi, Coxon approfondisce quello che aveva iniziato con Crow introducendo delle novità come il pedal steel suonato da BJ Cole (come in Good times canzone che più trista non si può, come dice Coxon stesso : ‘Very sad song about love felt too late’). E anche stavolta Coxon ha realizzato un album qualitativamente ineccepibile ( grazie anche all’aiuto e alla partecipazione del musicista blues Louis Vause) che ha il profumo del beatlesiano White Album, come si sente inequivocabilmente in Locked Doors e in Song for a Sick (Die, Taylor, Die), che ha precisato non è riferito né a Damon Albarn né ad Alex James e chiarendo che: ‘None of this record is anything to do with Blur’. Il suo sguardo è ormai rivolto (perso? fisso?) verso il mondo musicale americano che, Coxon dice, meno convenzionale di quello inglese e con più stile, e in particolare, afferma, ha influito in lui l’ascolto di Bill Callahan degli Smog. Inconfondibile l’originale coxon-sound di It Ain’t No Lie, Just Be Mine, Do What You’re Told To, Escape song affiancate da raffinate e malinconiche ballate acustiche come Live Line e Latte, breve quanto intensa. Dopo esser passato per due ospedali psichiatrici per risolvere i suoi problemi con l’alcool&co, ora speriamo che passi il resto del tempo a comporre musica, visto che ha deciso di ricominciare una nuova vita baciata dal sole del mattino (e lontano dai Blur purtroppo).
Voto: 8
Link correlati:Transcopic Site
Autore: fran_catalini@yahoo.co.uk