(Amanita/Audioglobe 2002)
Come ogni rigattiere che si rispetti il vostro eroe digitale, nelle sue peregrinazioni virtuali ma non troppo, si è trovato tra le mani da recensire il primo cd intitolato ‘Before And After Dogon’ dell’ensemble Dogon italiano di nascita ma globale di suoni. Il secondo è già passato dalle forche caudine kathodike qualche tempo fa, vedere il link ipertestuale, quindi non ci dilunghiamo nelle presentazioni di rito; ora tocca a questo. Recensione a ritroso, fatta con il senno di poi, del secondo album ma primo (evviva il paradosso), quindi pre-gruppo rodato, pre-musiche che girano e tutto il resto. Parliamo al passato relativo, si tratta dell’anno scorso, ma sono solo parole dato che il suono è dinamicamente attuale, schizofrenico al punto giusto, immerso bene nel marasma che ci circonda, anzi sicuramente valida traccia di questo enigmatico presente. Rispetto al secondo cioè il successivo, (considerate questa recensione ad incastro con l’altra) questo mostra un lato più giocoso, quasi surreamente patafisico, creato sulle svisate di basso che si intrecciano/scontrano con il suoni/voci registrati/e, il tutto condito con schizzi di rumore occasionale, di disturbo quasi educato, mai prevaricante. Nei quattordici pezzi, segmenti di un cosmo sonico/vitale ironico/cineamatoriale, l’ascoltatore viene piacevolmente strapazzato acusticamente senza risentirne troppo dal lato insopportabilità, ma anzi decisamente e chiaramente interagente con il caos improvvisa(tivo)mente apertosi premendo il tasto play. Rispetto al secondo/primo (recensito) questo mostra il lato più “fisico”, più sensitivo, ma non per questo escludente l’ascolto dell’altro secondo/primo (recensito) che mostra il lato più sperimental/percussivo (link sopra). Tutto ciò per dire semplicemente che sono da ascoltare entrambi, l’ordine sceglietelo voi.
Voto: 7
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