El Muniria ‘Stanza 218’

(Homesleep 2004)

I Massimo Volume furono uno dei gruppi, almeno a mio avviso, più interessanti della scena italiana nel decennio passato. I testi di Emidio Clementi, che lo scrittore lo fa sul serio (ha tre libri all’attivo, il più recente è l’ultimo dio), la sua teatralità, il suo basso “dritto”, quasi come un pugno, il suo non cantare furono una ventata d’aria fresca. Assieme agli altri, in primis Egle Sommacal, la sua chitarra mai uguale a se stessa, poi Vittoria Burattini con il suo drumming nervoso, sapientemente prepotente ed al tempo stesso dolce, si generava una amalgama che sfornò 4 dischi, di cui solo l’ultimo fu considerato un pò una caduta di stile (Club Privè).
I Massimo Volume hanno attraversato la scena italiana: agli inizi della loro storia con loro era anche Umberto Palazzo, che poi andò a fondare IL Santo Niente; durante la loro storia hanno lavorato con loro Agnelli, Parisini (Disciplinatha); Sommacal ora lavora con Ulan Bator, Moltheni e qualcun altro; Altri collaboratori continuano le loro carriere con vari gruppi.

Clementi parte per il Marocco, con Parisini e qualcun altro, per scrivere, suonare e registrare.
Tornano, lui e i suoi compagni, sconfitti, dicono.

Allora ripartono da Bologna.
E il risultato è un disco teso, come chi conosce bene i Massimo Volume può immaginare.
E proprio qui sta il punto: la voce di Clementi è imprescindibile, con quel suo fare teatrale, un pò svogliato, in questo disco anche un pò sfatta. I testi sono degni di uno scrittore quale lui è, come abbiamo già detto.
Nulla di nuovo allora? Non proprio: è la musica a portare delle novità.
C’è Parisini alle chitarre e ce lo ricordavamo più agitato, più cattivo, invece qui ci porta un suono più quieto, più meditativo, qualcuno direbbe psichedelico; altra novità sono le basi elettroniche che non stanno per niente male. Insomma risulta positiva la scelta di concedersi un pò di tecnologia, i glitch, disseminati qui e là, stanno decismente bene affiancati alla voce. Ed è fondamentalmente l’elettronica a dare questo colore di sabbia al disco, sicuramente ricercato. Però manca qualcosa: anche se ci sono tutti gli elementi che resero la precedente esperienza importante, manca quell’ esploit che rende un disco magnifico.

Chissà, forse è stata questa scommessa persa ad appesantirli e a non farli volare un pò più su, forse è proprio questa straniante sensazione di ritornare indietro qualche anno che ha ancorato alla terra questo disco; forse troppi Masimo Volume nelle atmosfere, nei modi, quando invece ci aspettavamo il nuovo, altra aria fresca
I pezzi scivolano sinuosi uno dopo l’altro, l’atmosfera si tende, si abbassa il sole, colori caldi, i suoni giusti, magari solo un pò d’afa di troppo…forse davvero è mancata un pò di quiete, un pò di calma in più.
Ma certo il talento c’è, come c’è sempre stato, e si sente.

Voto: 8

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Autore: akoros@libero.it