Miba ‘The Corplate Problem’

(Pax Recordings 2003)

Miba è un simpatico duo che vive e lavora a San Francisco, Mark Bartscher
e Kristin Miltner sono un ragazzo ed una ragazza dal sorriso aperto e simpatico
come le foto ci dimostrano e la loro musica non gli è da meno riuscendo
nella non facile impresa di coniugare istanze colte ed echi che non si
fatica a ricondurre ad un lontano aroma della California lisergica di qualche
anno addietro. Nei loro frastagliati brani talvolta con un piacevole effetto a
sorpresa si assiste alla riuscita unione fra spirito modernista di chiara matrice
glitch e memorie sbiadite di qualche colorato sogno (o incubo se preferite)
psichedelico. Ma la loro è una lisergia oscura e debitamente panica
nel suo apparire e scomparire dietro specchi convessi come in precedenza avevamo
assaporato forse dalla navicella Experimental Audio Research o in tempi
più vicini dal Fennesz pre “Endless Summer”.
Le nebbioline che ammantano spesso San Francisco all’alba devono esser sicuramente
penetrate all’interno dei loro computers creando strani giochi melodici d’ombra,
devono aver dato vita fra uno stampato in silicio e l’altro a verdi/azzurre chiazze
di muffe mutanti; non si spiega altrimenti un tale florilegio di organicità
ben celata.
Piace molto l’attitudine pop nel trattare materiali altrimenti ben più
ostici ed il trittico iniziale composto da Weird Birds, Bathing In Similar
Objects
e Pulled Towards The Earth ce lo dimostra chiaramente ed in
maniera fluida e convincente; tre piccole gemme che sfuggono senza apparente sforzo
il pericolo in costante agguato della stanchezza auditiva mescolando abilmente
leggere porzioni cerebrali e assolate distese di melodia aerea free
form.
Voci che sommessamente si rincorrono sullo sfondo, campane, granulari textures
rimiche, marchingegni sonori autoprodotti, suoni trovati, densi muri di noise
che si agitano all’orizzonte; tutto sembra esser egualmente importante nella definizione
finale di un brano. Tutto è debitamente bilanciato.
Miba è un progetto che si è fatto le ossa suonando in numerosi festivals
americani e questo non poco deve aver giovato alla coesione finale del prodotto
in questione.
Da qualche parte si agita anche una possibile congiunzione astrale con il lavoro
svolto da Pauline Oliveros nei suoi lavori elettronici che si rivela sopratutto
nella circolarità di alcune strutture leggere come l’aria che spesso
iniziano a rotolare su se stesse fornendo anche un ipotetico parallelo con il
lavoro europeo di Janek Schaefer.
Una delle più felici uscite di casa Pax Recordings che ci regala un lavoro
estremamente godevole ed arguto.
Ammalianti…

Voto: 8

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