(Thrilljockey/ Wide 2004)
Sono passati dieci anni, dieci anni di musica…non è uno scherzo per nessuno. Sembravano finiti dopo l’ultima prova sinceramente non bella ma neanche da buttare quale ricorre negli annali della storia del post-rock (nome che hanno contribuito a creare per un genere che dobbiamo ancora capire che significa) come ‘Standards’. Sembravano pronti a tornare nell’anonimato e invece, come a volte succede (in questo caso ritornano) , eccoli uscire con un capolavoro, chiaro e semplice, senza tanti fronzoli. Si…per chi scrive questo disco è un capolavoro senza mezzi termini, che riesce a coniugare la ricerca sonica più elaborata e l’approccio più umanamente pop che si può richiedere ad un ascolto. Non vogliamo che ci faccia male ai padiglioni auricolari, non vogliamo che ci lasci indifferenti, vogliano che suoni come deve suonare un disco suonato (evviva la ripetizione) da persone che ci sanno fare e lo devono dimostrare, almeno questo chiediamo. Allora questo disco soddisfa tutte le richieste e anche qualcosa in più, ad ogni ascolto, il successivo dentro il precedente e il precedente che ricorda il successivo. Ogni pezzo che si sviluppa dopo il classico play si sviluppa con una progressione mai uguale, mai monotonamente ripetitiva ma coinvolgente e avvolgente, delicata mistura di suoni amici/nenia adultamente infantile in Crest, uno dei picchi creativi di cotale cd, per proseguire con la lenta e semplice ballata post di Stretch (You Are All Right) coinvolta in una conversazione piacevole con un funky di classe; o il blues psichedelico e oscuro di Unknow che si evolve in un maelstrom di melodie accennate a colpi di batteria che scandiscono la progressione senza fine. O nell’anthem composito di Dot/Eyes traccia che mostra la possanza post-rock e l’urgenza di un inconscio tormentato che cerca nel suono la sua catarsi. La selezione dei pezzi è volutamente aleatoria. L’acquisto è volutamente obbligato.
Voto: 10
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