(Thrill Jockey/Wide 2004)
I Trans Am esistono ormai dal 1993 e nei loro sei album e tre EP – di cui almeno “Red Line”, del 2000, ha acquisito tra gli appassionati e gli addetti ai lavori fama di imprescindibilità – hanno fatto mostra di imprevedibili accostamenti ed (ai tempi) inaspettati recuperi di (sotto)generi e (non)stili. L’ultima loro fatica, “Liberation”, suona all’orecchio dell’ascoltatore ghiotto del “synth” e “tecno” pop di venti, venticinque anni fa come una vera delizia; ed in realtà, a parte forse l’originalità, in questo CD si trovano in buon numero le virtù che rendono piacevole l’ascolto. Facondia compositiva (citerei almeno gli spasmi, alla New Order periodo “Movement”, di Music For Dogs e i toni squadrati e “vocoderizzati” alla Kraftwerk di Total Information Awareness, scandita anche da una secca batteria “wave”), ironici e graffianti accenni sulla fobica attualità statunitense e sull’amministrazione repubblicana in carica ben “travestiti”, magari dagli arrangiamenti di plastica dei Visage e dei primi Depeche Mode (specialmente Uninvited Guest, ma anche White Rhino, Divine Invasion II e Spike In Chatter), perfino momenti di puro piacere ritmico e strumentale (June, dominata ancora dalla marziale batteria di Sebastian Thompson, ma anche l’oscura Pretty Close To The Edge e il trascinante finale di Divine Invasion).
Se si accetta l’assunto – fatto proprio, purtroppo o per fortuna, oramai dalla gran parte dei gruppi e solisti che si muovono nell’ambito del cosiddetto “rock”, e non solo – che nessuna nota prodotta da Thompson (oltre che alla batteria, alle voci, al basso, alla chitarra e alle programmazioni), Nathan Means (basso, tastiere, voci) e Phil Manley (chitarra, tastiere, basso, voci) sia, a stretto rigore, appartenente al loro sacco – nel senso che il suono dei Trans Am è il frutto di un consapevole lavoro di calco delle sonorità elettroniche dei anni Settanta ed Ottanta, ed ai nomi fatti in precedenza potremmo accostare alcuni brani dei Cars, dei Joy Division oppure una bella lista di sigle teutoniche – dobbiamo riconoscere che “Liberation” è una raccolta di pezzi ben riuscita e convincente, realizzata oltretutto con intelligenza “politica”: speriamo che i tempi “maturi” consentano loro un buon successo.
Voto: 8
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