Gaznevada ‘Sick Soundtrack/Dressed To Kill’

(Astroman 2004)

Se i francesi poterono, in quegli anni cruciali (1977 o giù di lì) affogare la loro grandeur nella rugginosa limatura dei mirabolanti Metal Urbain (ne parlammo giusto qualche pixel fa), pure noi non avevamo di che lamentarci. Il vizio italico semmai, è sempre stato quello di lasciarsi sfuggire le pepite per non aver soffiato via bene la sabbia dagli occhi, troppo occupati a sbirciare con invidia le pagliuzze dorate dei vicini di casa. Avevamo anche noi di che urlare la nostra grandeur, poco ma l’avevamo…Scene piene di energia ed entusiasmo che lasciarono discreti bozzoli dinamitardi sul terreno (un dì qualcuno setaccerà la Pordenone obliquamente situazionista e la radioattiva Firenze dei Neon, dei Karnak e dei Pankow). Oggi, che il rock ha fatto almeno altri 3/4 giri su se stesso, che il fruitore è divenuto smaliziato, che cio’ che oggi si vaticina come sublime manufatto domani è pronto per essere gettato nella raccolta differenziata, che tante personcine millantano gradi e stellette ma avrebbero bisogno di un tutor a guidarle…beh…oggi c’è anche chi va a rispolverare memorie (attualissime, va da sè) di casa nostra. E non si poteva (cazzo e noblesse oblige!) non cominciare dai Gaz Nevada. L’Oderso Rubini che plasmò una delle prime realtà indipendenti italiane (quell’Italian Records che ancora fa luccicare gli occhi a qualche quarantenne nostalgico) s’è rimboccato le maniche ed ha cominciato a catalogare vecchi nastri, accarezzare vetusti 45 giri, cassette, demo. Fanno quasi trent’anni, conti alla mano e riporto di due…Il momento è propizio, e anche voi, laggiu’ in fondo…che avete un piccolo scompartimento nella testa e un fratello di un nulla maggiore che continua a sollecitare: ‘Gaz Nevada? Ma non erano i Datura?’ Non conoscendo la diaspora che portò i primi a figliare i secondi dopo acrimonie e dopo un GazNevada due da Festivalbar e da Storia D’Amore Tra Italia E Cina. E qualcuno sa di cosa ciancio. Fanculo l’intro, comunque. Sembra impossibile che in Italia si cuocesse materia simile, ma a ri-sentire codesta meraviglia vetriolica a qualcuno si gonfierà il petto d’orgoglio. Il sottoscritto, che – purtroppo o per fortuna – all’epoca cominciava a seguire le vicende della nuova onda dalla lunga mano, non potè esimersi dal cominciare dal Nevada Gaz (niuno potè farlo, dacchè furono incredibile merce e mi chiedo oggi perchè non anche d’esportazione) lo studio della nuova grammatica sonora italiana (per questo oggi, a sentire chitarrine Afterhours e elettronichine Subsonica mi sveglio di soprassalto urlando ‘Faust’O! Faust’O! e quasi quasi rimpiango pure i Decibel di ‘Indigestione Disco’). E’ tutto qui dentro il sillabario: l’uso schizoide del sax (per primi, maledetti Gaz Nevada. Bene, bravi, sette più), le ritmiche maledette, le chitarre post tutto, i proclami (Shock Antistatico Shooooock), la Bologna da graffiare prima della milano da Bere. E i brani. Che sono quanto di meglio questo stivale abbia potuto concepire nel campo del nuevo rock in quegli anni: dai singulti free (Frogs On The Phone; Dressed To Kill) ad accenni Talking Heads (Oil Tubes) GazNevada eiaculava ritmiche disco e no wave, free jazz e post punk, accenni di Wire e rock and roll. Ciro Pagano e compagnia ebbero un momento davvero irresistibile. Ed è qui dentro, colto in un attimo congelato da Pasto Nudo. I Gaz Nevada pisciavano in piscina e poi esortavano a tuffarvisi. E’ ancora un bel brodo quello…E ce lo teniamo stretto per le prossime, imminenti uscite, di questa deliziosa Astroman Records.

Voto: 10

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