(Loose / Wide 2004)
Caso di self-made man americano di quelli che abbondano nell’iconografia a stelle e strisce come non se ne trovavano da parecchio, Jawbone, il nome lo ha preso da una targa appesa ad un pick-up, suona tutto da solo e abbastanza bene sinceramente. Si propone in uno sgangherato set blues/cucieincolla con l’armonica a bocca in uno stile che richiama e omaggia i maestri della vecchia scuola a cui lui dichiaratamente si ispira come Slim Harpo, Jesse Fuller, Frank Frost; quindi dodici battute suonate senza sbavature professionali con passione e rabbia degna di un Waits alle armi con una Bone Machine che non vuole proprio partire, pur avendoci armeggiato parecchio sopra, e snocciola una dozzina di pezzi tirati e senza pause di riflessione sul fatto se si sta suonando per se o per qualche folle con l’orecchio teso. “Minimal Blues” potrebbe essere il nuovo/vecchio termine da appioppare a questa produzione, con i pro e i contro. Pro che il dischetto non stufa subito ma si riascolta. Il contro cercatevelo.
Voto: 7
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