(Sketchbook/Goodfellas 2004)
Nuova promessa del “cantautoato maudit” americano, codesto Micah P. Inson alla tenera età di venti anni e qualcuno in più ha fatto di tutto e sentito di più: nell’ordine sparso droga, sesso, amore tradito, etc etc secondo il canone rock around questa volta non ad un clock. Certo per esperienze di vita non è il primo arrivato anagraficamente parlando né il pioniere della sperimentazione forzata di una sofferenza poi in qualche modo documentata, basta pensare per esempio a Jim Carrol tra i tanti. Ma alla fine il nostro riesce anche grazie all’uscita dal selvaggio mondo/inferno in cui si era cacciato e all’approdo nel paradiso dei discografici londinese a mettere prima su carta quello che sente e poi grazie ad una produzione professionale a mettere su disco quello che vuole che gli altri capiscano di lui. Ne esce una miscela di ottimo gospel bianco, dato che il nostro ha tutte le carte in regola e lo vuole dimostrare, orchestrato al punto giusto senza ricadere nello stucchevole ad ogni consto ma vigoroso e sofferto quel tanto che basta. Quindi l’ascolto risulta piacevolmente coinvolgente e discretamente trascinante, con punte di lirico trasporto e squarci di luce nell’abisso della sua giovane anima. Un pop ben suonato accompagna le varie forme del racconto di Hinson e alla fine il piacere puro dell’ascolto lo ritroviamo tutto e anche qualcosa di più. Poi ci disponiamo in attesa della sua quasi fatidica seconda prova che a quanto dice non tarderà ad arrivare.
Voto: 8
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