(Mutablemusic, 2005)
È strano come la voce umana, non-strumento e proiezione dell’io, sia anche in grado di produrre alcuni dei risultati musicali più fortemente alieni e ostici. Mi sono appena imbattuto nel disco di Yuko Neuxs con i suoi scarsamente sostenibili vocalizzi infantil-elettronici ed ecco che mi ritrovo tra le mani questo cd di Thomas Buckner anch’esso al servizio delle corde vocali, sia pure con modalità e risultati assolutamente differenti: unico punto in comune l’elevata difficoltà d’ascolto. Attivo da circa tre decenni nel campo delle tecniche di sperimentazione vocale, il baritono Buckner propone tre pezzi improvvisati e l’esecuzione di una composizione del sassofonista Earl Howard, compagno d’etichetta e instancabile sperimentatore anch’egli. Tra le tre improvvisazioni, la prima, intitolata giustamente alone, è quella che maggiormente si distingue per spirito d’avventura: una lunga esecuzione di vocalizzi wordless con tratti tra lo sciamanico e il sacro. Atmosfera assolutamente impenetrabile, allegerita solo dai continui colpi di tosse sullo sfondo. Più accessibili le altre due improvvisazioni, con Buckner accompagnato rispettivamente dal violoncellista David Darling e dal grande pianista Borah Bergman, di cui la prima decisamente riuscita nel suo continuo alternare momenti di incalzante drammaticità ad altri più sospesi e rarefatti. Qui la voce si arrampica su scale impossibili, singhiozza, sospira, si tinge di colori spagnoleggianti e innesta giochi di parole mai pronunciate sulle agili corde di Darling. Sapori d’oriente, di misticismo spiritato, di giocattoli acustici che si aprono come matrioske, nella lunga e complessissima composizione Ilex in cui il baritono lascia volentieri ampi spazi agli altri musicisti (oltre ad Howard, qui alle electronics, Gustavo Aguilar alle percussioni e Wu Man alla pipa) che li riempiono disegnando textures policromatiche e poliritmiche, dosando però i suoi interventi in intensità. Affascinante, ma non per molti.
Voto: 7
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