ASK ‘Acoustic Quartet 2006’

(Discus 2006)

Che qualità!
Che classe!!
Ma quale fragranza di suoni e di idee!!!
Dio benedica gli ASK!!!!
Dio benedica la piccola città di Sheffield e renda merito al suo cittadino ‘onorario’ Martin Archer che continua imperterrito nella frenetica e appassionata attività di divulgatore, raffinato e preparato, di moderne sonorità improvvisate.
Stiamo per reincontrare uno dei progetti con ai posti di comando la coppia Archer-John Jasnoch di cui evidenziammo le ‘azioni perpetrate’ qualche mese fa, mediante una discussione aperta in merito la precedente uscita, “The Formulary of Curses”.
Anche qui struttura ispirata ad un ‘tema preciso’ e aperta alla libera collaborazione con più musicisti che vanno ad ampliare, o meglio a scardinare la classica idea di duo rigido e immobile nella formazione.
Il modus operandi è stato quello di seguire, nella scelta degli strumenti, un percorso completamente acustico e di registrare, successivamente, cinque-lunghe improvvisazioni tutte dal vivo, orfane del titolo, ma cariche di buona ispirazione free… jazz.
Si, perché nell’anima più (in)conscia di “Acoustic Quartet 2006” vivono ricordi di Chicago, della scuola AACM di Anthony Braxton e persino di uno ‘sbiadito’ Modern Jazz Quartet: specialmente se ad assalire le nostre orecchie vi è Charlie Collins con il suo impeccabile mood – astratto – al vibrafono; per non dimenticarci, poi, del suo fantasmagorico waterphone e dell’aria orientaleggiante sfociata dal tocco inflitto alla mbira.
L’armamentario si amplia andando dal violoncello di Angela Rosenfeld, al sax alto e sopranino di Archer – anche al bass recorder – dalle miniature emanate dal mandolino e dalla 12 corde di Jasnoch al vetro e alla ceramica passata per le mani di Dave Clayton, partecipe solo sul calare della terza session.
Come sempre, anche qui è difficile descrivere razionalmente, in parole chiare e semplici, tutti i momenti incontrati nell’ascolto ‘globale’ del cd, ma si può comunque ovviare questo discorso, dividendo l’intero lotto in tre momenti ben distinti nella VERVE.
Le timbriche aspre e politicamente scorrette penetrano ovunque ma si inseriscono dentro contesti differenti: affamati di free all’inizio, pacati nel mezzo, sospesi tra un misto di soluzioni sbarazzine – sempre per opera del vibrafono – e vagamente mediorientali al termine.
A parte tutto, lo spirito improv di questo strambo duo-quartetto è puro e incontaminato, il senso innato per il CARPE DIEM raggiunge il massimo della sua ‘bellezza’ quando durante la terza session i musicisti cominciano a parlare animosamente tra loro senza mai smettere un secondo di suonare.
E il tutto è stato registrato integralmente senza subire nessuna forma di censura o di ‘finto’ montaggio perbenista.

Voto: 8

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