(V2 2006)
Se siete amanti del pop plastificato alla Britney Spears, è molto probabile, anzi praticamente certo, che il nome di Isobel Campbell non vi dica nulla. Se invece avete orecchio per la buona musica ed avete seguito con un certo interesse il fiorire, un decennio or sono, di una nuova scena folk, è probabile che qualcosa scatti nella vostra testa sentendo nominare questa incantevole ragazza inglese. Ci siete arrivati? Esatto, proprio loro: i Belle & Sebastian.
E’ infatti nella formazione-culto capitanata da Stewart Murdock che Isobel ha esordito nel 1996 suonando il violoncello nell’ LP di debutto della band, “Tigermilk”. Dopo aver collaborato con il combo pop-folk scozzese fino al 2002, la Campbell deve aver deciso che era ora di cambiare aria e mettersi a sperimentare in solitudine. Ecco allora venir fuori dischi come l’ingenuo debut di “Amorino”, targato 2003, il precedente (e trascurabile) “Ballad Of Broken Seas” in cui la nostra duettava con l’ombroso Mark Lanegan (la bella e la bestia?) e questo più recente “Milkwhite Sheets”, in cui la musicista nativa di Glasgow tratteggia delicati quadretti all’insegna di un folk psichedelico di ispirazione chiaramente tardo-sixties (Willow’s Song, Yearnings, Are You Going To Leave Me? – un traditional – Thursday’s Child), arrangiati prevalentemente per chitarra acustica, percussioni, arpa e violoncello e cantati con il registro angelico e sensuale al tempo stesso che le è proprio.
Nessuna sorpresa, nessuna rivoluzione; la Campbell non inventa nulla di nuovo, ma fa tutto con diligenza e grazia immensa. Non è mai calligrafica (anche se il riferimento a gente come Vashti Bunyan e Nick Drake, per esempio, è evidente) e soprattutto non si mostra mai supponente: mantiene sempre una certa dose d’umiltà – qualità questa abbastanza rara, in un’epoca di rockettari esagitati e megalomani. Meravigliosamente anacronistico, “Milkwhite Sheets” non parla al cervello, ma all’anima. Addentratevi, mano nella mano con Isobel, negli scenari domestici dal sapore antico o nelle desolate e nebbiose lande della brughiera evocate dalla musica: non ve ne pentirete.
Voto: 8
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