(Amirani Records 2007)
Prosegue il cammino ‘alla scoperta della nuova contemporanea’ della Amirani con l’uscita di un disco senz’altro non comune e con classe ordito. Quello che si prefigge di ottenere l’operazione denominata “Samsingen” è un melange fra tradizione e modernità, un tema che abbiamo visto (inter)correre già, insieme all’aspetto ‘comunicativo’, nelle precedenti uscite dell’etichetta.*
Samsingen è un vento di armonie antiche, sbiadite da un tempo che si dimentica le arcane e arcaiche identità musicali – culturali in generis – di una terra, di un popolo, di una storia; testimonianze ancora non risucchiate del tutto dall’oscurità imperante di oggigiorno, che riemergono attraverso una visione nuova, altra del comporre, del giocare con la musica e con i suoi tanti anni percorsi. Vecchie ballate svedesi, fiorite nel nord più freddo dell’Europa, con il loro charme seducono e mettono alla prova un manipolo di interessanti musicisti-sperimentatori. Innanzitutto vi è l’armonica, squisita – persino spensierata – voce di Anna-Kajsa Holmberg che volteggia come un elegante farfalla sopra articolate pulsazioni impro-avant, generate da Nicola Guazzaloca (vibraphone, percussions, accordeon), Andrea e Luca Serrapiglio (rispettivamente cello e clarinetto basso) e Lorenzo dal Ri (partecipe solo con i propri ‘suoni’ nel rmx di Hej hipp).
Tante volte ci si è imbattuti in futuristiche (ri)proposte di artisti odierni, magari con un’esalazione di scontroso punk, di vecchie ballate nascoste in/da qualche offuscato paese del vecchio continente: basti per esempio ricorrere all’interesse degli Ex per la musica ungherese, con devozione assoluta verso il canto di Márta Sebestyén. Ma era raro, incrociare come ora, una simile trasposizione che (ri)veste note impolverate dal tempo con il gusto (più) anti-convenzionale della musica colta, ‘oltre modo‘ radicale, come questa celebrata con sporadica e selezionata integrità dal quartetto intestatario.
Ci si domanda se si possa resistere ai brividi, ad un pianto di gioia interno, quando il canto di Anna leva dolci melodie dal colore primaverile, sorretta da un modico e aggraziato corredo strumentale: un’armonica spruzzata come rugiada, posata sulle piante verdi al sorgere dell’alba, due colpi di violoncello asciutti ma (stra)saturi di anima gentil.
Romanticismo o eversione?
Corposità o essenzialità?
Rigore compositivo o getto estemporaneo?
Tutto e il contrario di tutto, la stoffa dei nostri non si lascerà mai imprigionare dentro schemi di rigida catalogazione critica: dalle pendici innevate di malinconia in Hej hipp, alle altalenanti climatiche ‘romantico-dodecafoniche’ di Läkarekonsten; dagli squarci nella profonda oscurità nordica di Aller e re, alla filastrocca onirica di Ack högaste himmel.
Come poco tempo fa, restiamo attoniti dinanzi l’eleganza di casa Amirani e senza nessuna esagerazione affermiamo il buon fiuto di questa giovane realtà nell’individuare e supportare forme artistiche che scindono dal contesto meramente musicale. La musica come il viaggio, le note come un senso-sapore di scoperta, il passato remoto come spinta propulsiva all’innovazione espressiva.
Voto: 10
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