(Bar La Muerte/Bosco Rec./Audioglobe 2006)
A proposito di questo lavoro Bruno Dorella afferma: ‘Questo
disco è un regalo. Un regalo per noi stessi, innanzitutto, per
ricordare un periodo speciale della nostra esistenza umana e
artistica. E perchè no, si spera anche che sia un regalo per
il pubblico. Era il 2001, Daniele Brusaschetto suonava ancora
rock, prima di dedicarsi ad un cantautorato intimista e solitario.
Era il 2001 e a Daniele piaceva andare in tour con la sua band in
giro per l’Europa e anche per gli Stati Uniti. Il benemerito James
Kosharek (oggi nei Roanoke) registrò il concerto di
Portland, al mitico Satyricon.
Fortuna volle che fosse anche un
ottimo concerto, e per anni abbiamo accarezzato l’idea di
pubblicarlo.
Oggi l’abbiamo fatto, questo live è quasi un
bootleg, e crediamo che l’energia e il sudore si colgano
appieno.
Dietro questo disco non c’è alcun progetto
commerciale, nessuna strategia di marketing, avevamo semplicemente
voglia di regalarlo a noi stessi ed al mondo, o almeno a quei 500
fortunati che avranno voglia di ascoltarlo.
Questo è “Live
At The Satyricon”, un’idea che parte dal cuore e non dal
business.
Anche quella sera al Satyricon non ci pagarono. Ma noi
siamo ancora qui, diversi da allora, ma ci siamo.‘
Perfetto
direi, cosa altro aggiungere?
La band gira che è un
piacere, a Daniele Brusaschetto alla voce e chitarra vanno aggiunti,
Bruno Dorella (Ovo, Bachi Da Pietra; Ronin…)
alla batteria e Mirco Rizzi (Ashtool) all’altra
chitarra; il risultato è poco meno che superlativo.
Potenti
sbalzi umorali che si abbattono come grandine sull’attonito pubblico
disorientato; che non si aspettassero un’esibizione del genere è
palese.
Inizio fulminante come da copione, si scaldano i motori,
La Teoria Del Flusso e Saliva In Raduno bruciano in un
attimo la lezione degli ultimi dieci anni di rock, zigzaganti
tracciati di chitarra che si annullano e polverizzano in una
sfiancante alternanza di accumulo/rilascio energie; Dorella feroce
sullo sfondo a dettare passo e cadenza.
Ombre esistenziali e
spasmi repentini del corpo che si intrecciano indissolubilmente, Big
Black collassati e rovinati su “Streetcleaner” dei
Godflesh?
Potrebbe essere un’indicazione di massima,
rimangono fuori detriti e scorie che stanno a mezza strada esatta fra
i clangori della prima gioventù sonica ed i barriti
peggiori ed out di tutta la scena industriale (con chitarre) di
qualche anno prima.
Ma la visione prismatica di Daniele che ci ha
regalato perle come “Bluviola”, “Poesia Totale Dei
Muscoli” e “Mezza Luna Piena”, di li a poco si
impossessa dell’audience, son passaggi intimi e contorti; ancora
involuti in parte ma dall’ampio respiro (come poi i fatti hanno
dimostrato).
Comincia a delinearsi quella strana formula
intimo/industriale/negativa che caratterizzerà gli albi
successivi.
Il rantolo fanciullesco ed astioso (mai meno che
lucido!) si asciuga e vaporizza in una nube lisergica venefica;
l’attesa colma la sala.
Lo scatto finale che segue è da
manuale, L’uomo Nero, Noioso e Goffo si
avventano sull’ignaro pubblico che intimorito sembra retrocedere, la
voce diviene ringhio ammonitorio (i peggiori fantasmi del privato di
ognuno che emergono…), le chitarre tirano secche in direzioni
diverse lacerando il tessuto; Dorella sullo sfondo sbuffa e suda
prendendo a pugni il silenzio.
Perfetto!
Questi tre ora come
ora sono fra i migliori agitatori di casa nostra; questo sbocco
sudato era il 2001.
Questo è un regalo.
Voto: 8
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