fish Of ApriL ‘Violet Pharmacy’

(Seahorse Rercordings 2007)

Una piacevole scoperta questi fish Of ApriL. Guidato dalla sapiente mano di Paolo Messere, produttore e musicista di provata esperienza, Alessio Pinto, scrittore e giornalista, titolare unico del progetto, ha realizzato con questo “Violet Pharmacy” un gran bel dischetto, all’insegna di un rock teso, glaciale e tormentato al tempo stesso, dalle atmosfere incubirico/decadenti ispirate prevalentemente (ma non solo) alla new wave anni ’80.
Ad esempio, l’apertura del disco, affidata a Distant Way, fa pensare a David Bowie e Joy Division frullati assieme con l’aggiunta di un pizzico di noise (Sonic Youth?): le chitarre rumoreggiano su un pulsare di basso regolare ed ipnotico e la voce tratteggia la melodia con una calma a dir poco glaciale. I sospiri funebri di Ancus Martius, intitolata evidentemente ad Anco Marzio, uno dei sette re di Roma, e l’incedere ipnotico di Extraordinaire fanno da preludio all’aggressività metallica di Ian Hungar, due minuti e trentatrè all’insegna di una curiosa ma riuscitissima mescolanza di decadenza e corposità, in cui il registro vocale di Pinto si scopre imparentato con quello di Jim Morrison più che col baritono raggelante di Ian Curtis. Con Desert Quite, condita di rumorini elettronici e con una chitarra che nel finale si fa funk, arriviamo a quello che è forse il capolavoro del disco. Falbrav si apre con un due sei corde che duettano, una che in arpeggio tratteggia la melodia e l’altra che, sullo sfondo, rumoreggia inquieta fino a farsi gracchiante quando entra il cantato – con l’umore del pezzo che via via diventa sempre più angocioso, per quello che è un altro vertice del disco.
Sono invece i cambi di tempo e la struttura articolata a rendere interessante la successiva Electrocutionist (anche se dal punto di vista melodico si tratta di un pezzo tutto sommato trascurabile). In Gentlewave pare di sentire l’eco dei Doors, nonostante alcuni passaggi orchestrali. Rockmaster, col suo passo marcato ed oscuro, la presenza dell’organo ed una lamentosa coda strumentale e Balabiot, aggressivo e nevrotico crossover, chiudono egregiamente un ottimo disco, capace di fondere in modo assolutamente convincente atmosfere da incubo, decadenza, energia e quant’altro si possa chiedere ad un disco di musica rock.

Voto: 7

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