Eric Copeland ‘Hermaphrodite’

(Paw Tracks/Dense Promotion 2007)

Credo bisogni evitare l’errore in cui sono incappati alcuni addetti-ai-lavori, inquadrando in partenza il battesimo solista di Copeland come un ulteriore proseguimento del mood di altri progetti ove il nostro, oltre a militare da sempre, è un perno fondamentale dell’ingranaggio. I lettori già suppongo avranno intuito, mi riferisco ai Terrestrial Tones e soprattutto ai Black Dice: ‘gruppacci’ rumoristi e ostici, figli della nuova (non) scuola noise / collagista americana che Copeland ha, si, contribuito a far crescere e solidificare nella sua eccentricità, ma che comunque non entra in piena collisione sensoriale con la ‘stimmung’ generale di “Hermaphrodite”.
Due anni di archiviazione dei suoni e di conclusivo editaggio si celano dietro la fabbricazione di questo cd, uscito per la Paw Tracks e circondato da dodici piste, le cui origini (fonti, campionamenti, ispirazioni) riservano spunti sostanziosi. Copeland progetta tutti i brani secondo una prospettiva circolare, rotatoria, trasmettendo l’idea di udire per oltre quaranta minuti un munito campionario di corpulenti loop(poni): ricchi di disparatissimo materiale sonor-o-rganico. Un pittore non votato agli sguardi monocromatici; uno scultore che cagiona alla pietra o al marmo forme zigzaganti e non conformi; la vista di un paesaggio (purtroppo solo da sogno) in cui coesistono scampoli di traviato folk-tronic con pirotecniche cascate di drone-music; misture di ipnotiche reiterazioni elettro-magnetiche / incantate e bastimenti poderosi carichi di tantrico percussionismo tribal-ardito; un doppiopetto estetico cucito con propulsione ritmica à la Stomp e con nobili minimalismi alla Theater of Eternal Music (la title track); una trasvolata selvaggia tra clangori esotici, giunti da umori e strumenti di lontana memoria ri(e)letti con un vocabolario noise e avvezzo al modernariato digitale; uno spiritello della manipolazione ‘absurd’, completamente impazzito, che si diverte a scuotere i nervi con piccoli dispetti di lounge e con perentorie allucinazioni di languida&tropicale armonia hawaiana.
Loop, loop, loop!!!
Oreo, talmente convulsa da far venire il capogiro; Mouthhole, apertura spaziale, giocattolosa e infantilmente country-pop-bislacca alla maniera dei cugini Animal Collective (i migliori, quelli oramai defunti); Green Burrito, acre mixage di sconosciuta ferraglia e materia mettaloide-metallurigica campionata e trucidata nello stesso istante da una voce granulosa e inferma, sofferente, che rantola da sotto con angoscia lynchiana. Un velluto vocale non comprensibile e paranoico, una gettata di incubi reconditi a portata di mano. Wash Up, lamenti lirici, virtuosi ed isterici, tutti al femminile, accavallati a ondate frequenziali e sovrabbondanze elettroniche. Furtive ed essenziali le proposte del manifesto di distorsione zen di Scumpipe; ancora terzomondiste e calienti le rettificazioni ritmiche, continue e armolodiche di Spacehead. “Hermaphrodite”, come si capirà, è un fulcro di emozioni assolutamente inscatolabile dentro un unico contenitore. Esso rappresenta la massima anarchia, sino ad oggi, mai ritratta così bene nella/dalla musica moderna. Un satellite puntato alla globalità del suono ed alla sua trasmissione tramite una costante patina di (af)ferrato noise-act. Bisogna ascoltarlo in continuazione e fare in modo che, senza neanche avvertire il cambiamento, l’intera scaletta diventi soavemente un solido e indivisibile loop dove perdere i sensi, ogni appiglio con la realtà e naturalmente l’ascolto razionale, suddiviso e meccanico dei vari pezzi.

Voto: 8

Link correlati:Paw Tracks happy-home