(Improvvisatore Involontario/Promorama 2008)
Pronti, via: in un clima da serata futurista, con tanto di brusio e risate di sottofondo da sit-com americana, lo scrittore Wu Ming I ci declama nella prima traccia del disco il manifesto degli Switters (Gianni Gebbia al sax contralto e flauto, Vincenzo Vasi al theremin, voce e basso elettrico e Francesco Cusa alla batteria).
“Chi sono questi Switters?” e giù una rutilante sequela di sentenze, definizioni, talora forti, ma indubbiamente efficaci. Lo scopo del progetto Switters è quello di mettere i puntini sulle “i” nel discorso sul Jazz italiano contemporaneo, anzi il “Giezz”, quello che piace tanto agli Addetti-ai-Lavori, quello un po’ anonimo, fatto per accontentare un po’ tutti, quel “Giezz” che è “palestra dopolavoro per politici che si fingono scrittori” (parole testuali di Wu Ming, i cui bersagli, come nelle seguenti, sono riconoscibilissimi), “tecnica da baraccone, freak-show di infanti-prodigio (e quindi di prodigi puerili), o, ancora, consesso di zombies al reparto geriatrico, gente che vent’anni fa non aveva più niente da dire e oggi è svuotata di tutto tranne che della propria spocchia”.
Insomma, gli Switters e il loro rutilante presentatore ne hanno veramente per tutti. Ma oltre alla prefazione, è la musica a parlare. Perché questo è davvero un bel disco, dove si ode un linguaggio non vernacolare, dove il mainstream (moderno) è dosato a livelli infinitesimali (appena qualche sentore ornettiano qua e là nel sax di Gebbia, nervoso e incalzante nei riff e negli assoli) e lo stile è personale, fresco, nuovo.
I brani rincarano ulteriormente la dose, con il suono e le liriche scritte dal batterista Francesco Cusa: Ragazzo Giezz è un’invettiva verso il sound rétro imperante, insomma verso quel mainstream classico che, se è vero che non tradisce mai, è innegabilmente ed ineluttabilmente ritorto su sé stesso. Ma il Ragazzo Giezz non se ne cura, non viola la Legge del Bop, svolge il suo compitino con diligenza e “scala le classifiche”; Allevi Giovani Allievi (ogni riferimento a riccioluti pianisti italiani in testa alle charts è puramente casuale…) chiarifica che la musica fatta di “panna e cioccolato… melasse e caramellato” fa sì ottenere “successo insperato, di panna dorato”, ma non è Jazz. Semmai, forse, è Giezz. Fuori i secondi, le riprese si susseguono senza concedere respiro ed i guantoni fremono: Paris Hilton’s Fundaments Of Economy, Festival Director Looking For A New Job, Falsa Alternativa, Gerontocrazia e Feticismo. Non si salva nessuno. La musica è veramente bella, ruvida quando serve, sghemba e sorprendente (vista la qualità dei protagonisti, eventuali dubbi non sussistono), enorme il sax di Gebbia, incisivo e fantasioso il drumming di Cusa, giambico, agile e presente il basso di Vasi ed originale il suo cantato, una sorta di dilatato Sprechgesang… insomma, un disco notevole. I brani (pardon, le riprese) sono diciotto, quindi il match è lungo. Preparatevi a bordate da tutti i lati ed attenzione ai montanti. Fuori i secondi. Per dirla con Wu Ming I, “comincia il viaggio (…). Mani sulle palle e via andare”!
Voto: 8
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Autore: belgravius@inwind.it