(Extreme 2008)
Nuovo round per Claudio Parodi su Extreme e secondo capitolo di sette composizioni studiate giovandosi di samples carpiti, e poi alla perfezione disumanizzati, da“Suoni” di Tiziano Milani [05]. Ciò è solo il preludio: se in “Horizontal Mover” il mood decollava dall’ispirazione di I’m Sitting In A Room di Alvin Lucier, prendendo il volo da un sorriso illuminante di Pauline Oliveros, rubato e fatto proprio dal Parodi durante un concerto della compositrice, “A Ritual Which is Incomprehensible” dà vita ad uno spazio del tutto difforme dalla precedente circostanza – vuoi per estetica, vuoi per l’attrezzatura – dove a erigersi è un ‘groove’ integralmente minimal, essenziale, senza apparenti luccicori, impiantato dalla mescola armonica di 2 clarinetti turchi e dalla grana irregolare e carnosa delle registrazioni. Non mi addentrerò nelle particolarità tecniche con cui crea l’incrocio dei fiati ma l’overdub ingranato rievocherà a chiunque la colorazione deep listening dell’accordion oliverosiano, e nella fattispecie il periodo della ricerca timbrica «in just intonation». L’asciuttezza degli ascolti iniziali, dovuta o forse francamente cercata nell’aver optato per una strumentazione a tatto spartana, è ripagata e riempita dal tempo; il suono, da tedioso e ruvido, acquisterà percettibilmente profondità e spirito. Inappuntabili i nastri, dai quali è determinato un allettante ‘garbuglio’ micronoise odorante di terra smossa, di caverne conficcate nella roccia, di manto lavico che emerge con tutta la sua infuocata (ne)ruggine dagli impenetrabili intestini della terra. Urteremo di nuovo e presto Parodi, rimangono altri cinque capitoli da scrivere, e nei corridoi della label australiana trapelano le prime indiscrezioni sulle future ‘dediche’: Alvin Curran, Charles Hayward e Yasunao Tone del movimento Fluxus, solo per fare qualche ‘nume tutelare’ nella crescita musicale di questo enigmatico multistrumentista.
Voto: 7
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