Ani Di Franco ‘Red Letter Year’

(Righteous Babe 2008)

Quando, nel 1990, a soli diciannove anni, pubblicò il suo primo omonimo album, probabilmente nessuno immaginava che Ani Di Franco sarebbe diventata una delle cantautrici più importanti e prolifiche degli ultimi vent’anni. Importanti, perché è indubbio che la sua figura di femminista ribelle ed anticonformista (che consente di collocarla nell’ambito del movimento americano delle Riot Grrls) e la sua musica – una miscela di folk, rock, jazz e pop impreziosita da un’ottima tecnica chitarristica – abbiano rappresentato e rappresentino tutt’ora un punto di riferimento per molte songwriter. Prolifiche, perché la trentanovenne di Buffalo, New York, dai tempi del suo esordio ha pubblicato, sempre per conto della sua casa discografica, la Righteous Babe (fondata anche quella quando aveva diciannove anni), ben trenta album, di cui diciassette in studio, dodici live e una raccolta.
Questa tendenza a scrivere e pubblicare a getto continuo ha fatto inevitabilmente sì che la Di Franco realizzasse, accanto ad album assolutamente memorabili quali “Puddle Dive”, “Out Of Range”, “Dilate”, “To The Teeth”, “Not A Pretty Girl” e “Revelling/Reckoning”, anche lavori decisamente meno significativi, talvolta anonimi – anche se pur sempre raffinati e genuini.
“Red Letter Year”, ultima fatica della nostra, si colloca, per così dire, in una posizione intermedia: non di capolavoro si tratta, ma neppure di un LP mediocre. La miscela di pop, folk e jazz su cui si basa il disco è assolutamente più che decorosa e regge bene il confronto con i momenti più ispirati della carriera della songwriter americana.
Tra i pezzi più significativi, le ballate folk Red Letter Year (venata di jazz), Present/Infant e Way Tight (in cui la nostra sfoggia il suo tipico fingerstyle chitarristico che si affianca agli interventi discreti di contrabbasso, moog e flauto), la vivace Alla This (in cui sembra trasparire un’ispirazione world), Smiling Underneath, delicata e cullante con i suoi beat elettronici, la funkeggiante Emancipated Minor, l’imponente The Atom, caratterizzata da una certa grandeur orchestrale e le jazzate Landing Gear e Star Matter.
Nel complesso, dunque, un lavoro riuscito, che accontenterà i fan e piacerà ai neofiti.

Voto: 7

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