(Black Fading/Fridge/Alkemist Fanatix Europe/Goodfellas 2008)
Curiosando nella rete per cercare il significato del nome di questo quartetto romano ho scoperto che esso fa riferimento a un barbiturico usato per le sue proprietà ipnotiche e sedative. Tutto il contrario della musica dei Luminal, caustica e metropolitana con la tendenza a racchiudere nel recinto di un rock alternativo che guarda tanto alla new wave e all’hardcore anglofoni quanto ai maggiori nomi della scena italica (Massimo Volume, Csi e Paolo Benvegnù su tutti) delle liriche poeticamente sanguigne, dure come l’asfalto urbano ma dal tono possente e solenne al contempo.
D’altronde il rosso che domina sui disegni di organi umani all’interno del booklet suggeriscono un legame forte con il corpo e il sangue.
Si parte con L’Uomo Bicentenario, fosca riflessione storica che fuoriesce dalle labbra di Alessandra Perna come un flusso di coscienza inarrestabile. Tattica E Disciplina sporca col chitarrismo sporco del post – punk degli ultimi anni e un basso gracchiante l’urlo rabbioso e angosciato della generazione post – Nirvana. La Soluzione denuncia la malinconia insita nell’incertezza della vita dell’uomo medio, inneggiando a un gesto di rottura che dia il via a una presa di coscienza vera. La Distruzione guarda le macerie che restano del mondo postmoderno, tutto detriti e sangue che cola lungo i brandelli di muro. Il Sonno Del Coyote strizza all’occhio al punk – hardcore sempre intinto in un plasma sanguinario maleodorante. Inferno/Paradiso guarda ipnoticamente all’aldilà con la forma del post – hardcore. Con Lumen il cammino diventa pesante, opprimente addirittura, sciogliendosi man mano fino all’esplosione finale. Il Regno è un breve vagito post – punk che fa da ponte verso Dammi Tutti I Tuoi Soldi, espressione d’odio furente dell’interiorità dell’artista verso chi tenta di giudicarne l’opera. La Lunga Corsa è una sinistra cavalcata in cui Pere Ubu e Marlene Kuntz si fondono in un unico spirito hardcore surreale e decadente, sicuramente uno dei pezzi meglio riusciti dell’album. Che si chiude con Il Fiume, delicata pièce pianistica inizialmente, tripudio di chitarre distorte nel finale. Sembra davvero finita l’epopea tra sangue e ricordi dei Luminal, ma c’è ancora una sorpresa: la ghost track narra con accento romanesco la storia di un qualsiasi uomo di borgata che si spinge verso il suicidio, con lo stile recitato di un novello Emidio Clementi e l’attitudine “popolana” degli Offlaga Disco Pax, ma con lo stile violento che segna tutto l’album.
Un disco aspro ma piuttosto ordinato e pulito, ottimo nella parte iniziale e finale ma un po’ più deboluccio in quella centrale. Molto apprezzabili i testi, sintetici e sporchi, quasi pulp a tratti, una poesia urbana tra il rosso e il nero sostenuta da una musica che però spesso non incide. Anche se, come dicono in conclusione del disco, “aspettiamo tempi migliori ma non ci rendiamo conto che non c’è miglior tempo del presente”, in questo caso il presente è sicuramente roseo per i nostri, ma il futuro potrebbe esserlo anche di più.
Voto: 7
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