(Cuneiform/Ird 2009)
I Gutbucket sono un quartetto made in Brooklyn e provenendo dal sottobosco di quella fucina dell’avanguardia musicale che è la Grande Mela non possono che avventurarsi in sperimentazioni che incrociano rock, jazz e quant’altro. Il piglio è decisamente hard-rock, quasi punk a tratti, ma le sinuose linee melodiche del sax restituiscono atmosfere jazzy che rimandano ai territori del prog canterburyano degli anni ’70, tipo un Frank Zappa che si scola una bottiglia di vino rosso davanti al caminetto in compagnia dei Soft Machine. Ma non suona affatto vecchio questo quarto lavoro dei newyorchesi, anzi. È proprio la rilevanza della componente rock a consentire al disco di dribblare l’ostacolo di una musica che rischiava di cadere nel già sentito.
Il brano manifesto di questo disco è senz’altro A Little Anarchy Never Hurt Everyone: il giro della chitarra sembra venire dalle corde degli Ac/Dc ma la sinuosità brillante del sassofono devia presto dalle tentazioni più rock. Da segnalare anche il contrasto tra la ritmica ossessiva ma schiacciata in sottofondo e la dolce brillantezza del clarinetto di More More Bigger Better Faster With Cheese o la lentezza prima quasi sinfonica poi deragliante di Carnivore.
Per contro non si tratta certo di un disco di easy listening questo “A Modest Proposal”. Ma dalla sua ha un pregio: potrà accalappiare tanto i rocker che hanno amato Wyatt e derivazioni varie e i jazzisti meno rigidamente oltranzisti. D’altronde la contaminazione è la nuova cifra stilistica del nuovo millennio. Sguazziamoci dentro.
Voto: 7
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