(El Gallo Rojo 2009)
Secondo Captain Beefheart e la sua teoria delle “Exploding Notes”, citata nel booklet interno, si deve suonare ogni nota senza rapporti con la nota precedente e seguente, come una gragnuola di esplosioni. Ma non immaginate per questo un caos totale: il nuovo disco di ‘Gallo & The Roosters’, progetto dietro cui si celano Danilo Gallo al contrabbasso, Gerhard Gschloessl al trombone e sousaphone, Achille Succi al clarinetto basso e Zeno De Rossi alla batteria, raggiunti qui da Gary Lucas alla chitarra elettrica e al dobro (ovvero la gloriosa chitarra resofonica) e altri ospiti tra cui Vincenzo Vasi e Giorgio Pacorig, è un esperimento decisamente interessante e riuscito, condotto in porto da un ensemble ben coeso con un “parco strumenti” insolito ed affascinante.
Si inizia con Bela Lugosi: dimentichiamo le atmosfere vampiresche che il titolo potrebbe apparentemente evocare e tuffiamoci in questa animata marcia, con la chitarra elettrica che si alterna tra ritmica e solista, i fiati spericolati e un finale collettivo, questo sì, “da paura”; nella successiva Brunswick Road, lenta e meditabonda, ascoltiamo l’eccezionale resofonica che gioca coi fiati in un contesto free, uno dei punti di forza di questo progetto (ammetto la mia eventuale ignoranza, ma giurerei che è uno dei primi esperimenti in tal senso, se non il primo); Jamaica Farewell, cover di uno dei brani più belli del songwriter Lord Burges, resa celebre da Harry Belafonte, è eseguita con rispetto e freschezza, con il trombone che introduce, presto raggiunto dal clarinetto basso: poi un improvviso glissato slide del dobro segna l’esposizione del bellissimo tema. Schwartzkopfstrasse ha un incipit lento e rarefatto, ancora affidato al binomio clarone/trombone, fino a prendere forma con l’ingresso incalzante della batteria e snodandosi attraverso repentini cambi di ritmo, incursioni distorte di chitarra e implacabili sortite solistiche. The Unitalian Composer prende le mosse dai profondi borbottii del sousaphone per assumere poi un sensuale andamento ondeggiante alternato a sipari ritmici più marcati, con i fiati che svisano e si intrecciano talora placidi, talora aggressivi, sino ad un finale angoloso ed impervio; potrebbero scorrere le immagini sgranate di un mitico western di Hopalong Cassidy, in rigoroso bianco e nero, mentre ascoltiamo la breve Milo, slide di dobro in un villaggio deserto poco prima della disfida all’O.K. Corral; Hushpukena sembra invece voler citare languide atmosfere colemaniane, per poi dispiegarsi in un’improvvisazione free incisa dal devastante solismo della chitarra elettrica che si liquefa nella dilatata conclusione. Ivano Bordon (portiere dell’Inter negli anni ’70-’80) è un inaspettato e gustoso divertissement dal sentore country-skiffle; avanti con la drammatica e marziale Lupo Grigio, con note lunghe, orizzontali, dilatate, in un mood crepuscolare e minaccioso; il disco si chiude con Laura, in principio ballad romantica ed appassionata che, dopo un’improvvisa e strepitosa virata di poppa, si fa movimentata e aggressiva, e con Ed Wood, “il peggior regista di tutti i tempi” e terzo personaggio omaggiato nella tracklist, misterioso brano caratterizzato dal contrabbasso suonato con l’arco e da squarci vitrei, acuti e inquietanti. Bel disco, ennesima e confortante conferma dello stato di salute della buona musica nel nostro Paese.
Voto: 8
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Autore: belgravius@inwind.it