Alluro ‘Acoustical Chemistry In The Sound’s Subterranean’

(21st/Horus/Sms Contemporanea 2010)

Quando il titolo di un album dice tutto del suo contenuto. Quale migliore definizione per il lavoro degli Alluro se non “chimica acustica nei sotterranei del suono”? L’opera del quartetto composto da Roberto Paci Dalò, Luca Pastore, Alessandro Quintavalle e Fabrizio Piccolo scava nel sottosuolo della musica, scomponendola in frazioni infinitesimali dove si dimenano catene sequenziali di beat tenuti insieme da loop elettronici e droni noiseggianti.

Il lavoro si divide in due parti nettamente contrapposte. La prima, o meglio il primo dei due cd, è quella se vogliamo più oltranzista. Oltranzista nel perseguire un percorso di scoperta musicale che si insinua tra cunicoli ambient, caverne sintetiche e sinusoidi ectoplasmatiche. Mezz’ora di oscurità ipnotica libera da ogni schema predefinito.

Ci si potrebbe aspettare la stessa chimica nel disco numero 2. Ed invece ecco che i nostri imbracciano i fiati (un clarinetto basso e un sax tenore) ed iniziano ad avvolgere i loro scavi di un’atmosfera surrealmente jazzy. La maestosa suite di 25 minuti Phosphorus è emblematica di questo nuovo “post-jazz”. Microvariazioni che si susseguono come mutanti che si trasformano impercettibilmente si intrecciano segnate dalle improvvise svisate di sax e clarinetto creando un marcia oppressa, un lento ma inesorabile sprofondamento nella pancia della Terra.

Il frattale musicale degli Alluro è un inno alla musica trasformata in formula chimica. 10 elementi che saldandosi creano una molecola solida ma ribollente. Scientificità artistica.

Voto: 8

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