Carta ‘An index of birds’

(Silber Records / Darla 2010)

Album dei debutto per la band recentemente scritturata proprio dalla Silber, i Carta hanno realizzato questo primo lavoro come unione di due lavori precedentemente separati: uno più song-oriented e uno più strettamente strumentale.
Il risultato è di assoluto rispetto, un’unione sorprendentemente riuscita di post-rock, shoegaze, indie e ambient, un esperimento che personalmente stavo aspettando con trepidazione. Già dalla breve introduzione con Alfred M, ci si aspetta qualcosa di particolarmente notevole e la successiva Building Bridges, fortunatamente, non delude.
Quest’ultima è effettivamente un pezzo cantato, che va in un lento crescendo, quasi reminescente dei Low, che ben comincia l’album con una nota piuttosto amara, ma non malinconica.
Altri momenti degni di nota sono Hourglass, musicalmente davvero notevole, riuscendo anche a ben inserire il sintetizzatore in mezzo a un tappeto post-rock e, soprattutto, la spettacolare Prettier at Night che sembra dare risposta alla mai posta domanda: cosa succederebbe se Appleseed Cast e Piano Magic si incontrassero? Meno efficace ho invece trovato Back to Nature, mi è sembrata piuttosto monotona.
Il vero capolavoro della band, però, è indubbiamente la lunga e struggente Descension, cantata da voce femminile e maschile insieme: qui si mostra pienamente il grande talento della band nel proporre un sound riconoscibile e unico, senza alcuna derivazione. La splendida melodia del pezzo rimane immediatamente in mente, ma i ripetuti ascolti non faranno che portare alla luce le splendide texture di ogni strumento.
La produzione di altissima qualità (della stessa band coadiuvata da Sean Coleman ed Eli Crews) completa il pacchetto, confermando i Carta come una graditissima sorpresa e una delle migliori nuove scoperte della Silber. Da ascoltare.

Voto: 8

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