(Setola Di Maiale 2012)
Un corpo febbricitante.
Movenze selvatiche, odorano
d’urgenza.
Torna Patrizia Oliva (Madame P, Camusi,
Gravida. Ed altre sigle e unioni che la riguardano).
Torna
lo spaesamento, la difficoltà nell’inserir il suo nome, in una
facile casella artistica identificativa.
“Arbëria”,
è frutto di due separate sessioni (una del 2006, l’altra del
2008), entrambe curate da Fausto Balbo.
E siamo alle solite
con Patrizia.
Difficile, veramente difficile, trovargli
apparentamenti.
Si parte alla lontana, scavando nel folk, ma poi,
il jazz, l’improvvisazione, l’elettroacustica, la poesia, il volo
degli uccelli, il silenzio, dove li mettiamo?
Li stipiamo in otto
brani minimali, rischiarati da molte luci, e qualche ombra.
Ma
altrimenti non potrebbe esser, vista la distanza temporale, che
separa queste registrazioni dall’oggi.
Qualche pigro
stiracchiamento ad appesantir l’ascolto (l’iniziale Inverno,
peraltro intrigante, nell’utilizzo della lingua italiana).
Per il
resto, piccoli rosari cubisti, snocciolati in alternanza
grazia/ferocia.
Bird’s Song, singhiozzante, melodica,
carezzevole.
Blue, deliziosa stratificazione, avanguardia
travestita da tradizione.
La tesa Water (su testo di Viktor
Schauberger), densa e concentrica.
Il lento affondamento
emozionale di Ombra Di Sole.
Il ritmo del cuore, a scandire
il lento proceder (elettroacustico in loop), di Two Blow
Sense.
L’infantile, spezzata invocazione, della conclusiva
Stone’s Mountain.
Patrizia Oliva è
un’improvvisatrice.
Patrizia Oliva, conduce una difficile ricerca,
sulla vocalità contemporanea.
La voce è il suo
strumento, elettronica e field recordings, corollario discreto.
E
parla di pietre, d’uccelli, d’amore, di montagne, d’acqua e
stelle.
Nulla di perfetto, ma in fondo, necessario.
Voto: 7
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