(nephogram 2012)
Entrambi romani, Franz Rosati, artista audio video, manipolatore digitale di suoni e Francesco Saguto alla chitarra sono i nomi dietro al progetto Gridshape, interessante connubio tra elettronica simil ambient, qualche sferzata glitch e i suoni principalmente acustici della chitarra. Il tutto magnificamente masterizzato da Taylor Dupree. Inevitabile, dato un tale setup pensare subito al nome di Fennesz, ma nonostante qualche punto di contatto esiste anche una fondamentale differenza: la mancanza delle ricerca ossessiva del climax, della dissoluzione catartica del suono, che sono un po’ il marchio di fabbrica dell’austriaco.
‘Gridshape’ ha un procedere più pacato e intimista, meno invasivo, che affascina i sensi senza forzare emotivamente l’ascoltatore. Acque calme, appena increspate da un vento leggero, occasionalmente turbate da improvvise vampate di distorsione o da qualche incidente acustico. E’ un gioco di equilibri precari tra note rarefatte e sospese tra le nubi e una elettronica presente, a tratti oscura e inquietante, ma per lo più tenuta al guinzaglio, con entrambi i musicisti attenti a non debordare e a non sopraffare lo spazio altrui. E’ proprio questa mirabile sintonia, in cui ciascuno aggiunge ma non toglie a costituire il pregio di questo disco, come fragili bolle che collidono, si sfiorano, si fondono, per poi conservarsi integre e più belle di prima. Separazioni, transizioni, integrazioni di forme sonore evocate dal rimando ai riti di passaggio e alle fasi liminali dei titoli delle tracce. In a Pre-Liminal state inizia come una cartolina spedita dal Bill Frisell più delicato, con arpeggi rotondi e circolari, che poco a poco viene trascinata via da elettroniche ansimanti per poi inabissarsi in un nero, ma gentile, feedback. Attese, sussurri, palpitazioni e rivelazioni nella finale, giustamente titolata, In a Post-Liminal state, chitarre e elettroniche che vibrano ipnotiche in punta di piedi guardandosi storte come due amanti imbronciati.
In mezzo e intorno un’atmosfera placida, quasi assonnata e febbrilmente estatica, per musiche che si agitano delicatamente al di sopra della soglia della percezione, attente a non imbruttirsi con le volgarità del mondo reale, che vengono attenuate e rallentate con grazia.
Affascinante e avvolgente al punto che l’improvviso, subitaneo finire del disco provoca la stessa spiacevole sensazione di un brutto risveglio che brutalmente strappa via i sogni.
Voto: 7
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