Minneapolis Guitar Quartet ‘Thrum’


(Innova 2013)

C’era una volta il quartetto d’archi. Questa classica e nobile formazione, le cui caratteristiche di omogeneità timbrica nella varietà di registri disponibili ai violini, alla viola e al violoncello hanno da sempre offerto risorse musicali ed espressive uniche – il contrappunto inteso come dialogo tra persone immaginarie, ad esempio – ha da qualche decennio dovuto condividere lo scettro di formazione cameristica per eccellenza con altri quartetti. In primis, il quartetto di sassofoni, che vanta ormai un repertorio di tutto rispetto, e che ha a sua volta ispirato il formarsi di quartetti di altre famiglie di strumenti a fiato: quartetti di clarinetti, di flauti, perfino di ocarine. Uno degli ultimi arrivati è il quartetto di chitarre, qui rappresentato dal Minneapolis Guitar Quartet. Già di per sé ricca di possibilità contrappuntistiche, unite ad una naturale e mediterranea melodiosità, la chitarra “al cubo” è una delizia per le orecchie, quando grazie alla penna di ispirati compositori tali qualità sono amplificate, miscelate, arricchite di combinazioni timbriche non disponibile al solista. È proprio quel che succede in questo fantastico cd della Innova, che ti rapisce dal primo istante con i groove irresistibili alternati a morbidi fraseggi folkloristici del brano di apertura, Ghetto Strings di Daniel Bernard Roumain. Il secondo brano, Thrum di David Evan Thomas, è forse il clou della raccolta; senz’altro il più classico, nella tripartizione esterna così come nell’utilizzo di forme come la fuga, la variazione tematica, il contrappunto, la ricchezza timbrica. Ciò che sorprende a appassiona è come ciò si sposi a un felice ed equilibrato prevalere di dolci melodie e di rilassate armonie, particolarmente idonei allo strumento della chitarra. Il terzo brano, Cinema Castaneda di Von Stiefel, è invece una serie di sketches ispirati alla musica di frontiera, al folk messicano che tanto interessò Copland, per intenderci: le chitarre, grazie alla loro versatilità, ci conducono dentro e al di là dei confini, e spesso oltre essi (non mancano infatti riferimenti anche al moderno pop). Infine, il trittico di Gao Hong, il quale si aggiunge al quartetto con la sua pipa, strumento tradizionale cinese. La lenta e sensuale sezione centrale (le cui atmosfere ammiccanti sono accentuate dal suono del solista, in qualche modo simile al mandolino, e dalle scale cinesi cui si fa talvolta riferimento) è racchiusa da due brevi e festosi movimenti: una gioiosa conclusione a questo splendido cd, rinfrescante per lo spirito e tonificante per il corpo.

Voto: 9

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