(La Tempesta/Venus 2013)
Lirica pesantezza, movimento in avanti compatto e greve. I Bachi da Pietra con il loro quinto album in studio, notare il rimando della Q del titolo, si fortificano. Lo fanno per continuare ad essere se stessi, chiaramente se stessi. Sempre in due ma come se fossero un’orchestra, chitarra e batteria ma espanse fino a saturare il suono. E fortunatamente l’ascolto. Basta Haiti drastico blues con la chitarra di Succi che si incunea in ogni spazio disponibile; Brutti versi, sotto forma di canzone il canone metodologico per tutti quelli che vogliono provare a pensare di consumare inchiostro a sbafo, un monito a forma di mantra funk che chiunque avrebbe buon senso, prima di avventurarsi alla ricerca della sua musa, dovrebbe studiare a memoria, recitare e comprendere. Andando avanti, lentamente per permettere alla musica di penetrare nel nostro impianto uditivo, altro carico da 90 è Coleotteri, rock’n’roll devastato dalla consapevolezza del massimo sforzo per minimo risultato, loro ci provano a far capire, sta a chi ascolta cercare di interpretare. E ancora, l’elenco ha una sua funzione, ogni brano ci sta preciso nella collocazione che i nostri hanno scelto, ascoltare per credere Enigmauna cantilena che riequilibra il senso di essere un ascoltatore consapevole; come poi Fessura un blues che fa ripartire il movimento della mente che vola. E poi Mari lontani una triste ballata, Pensieri parole opere sincero rock’n’roll deviato e straziato, recrudescenza con Paolo il tarlo e Sangue in cui i nostri mostrano i muscoli ”metallizzando” in maniera eccellente la loro poetica. Il finale affidato a due splendide ballate Dio del suolo e Ma anche no ed un messaggio chiude la bella avventura musicale dei nostri anche per questa volta. Alla prossima, chi ascolta sa aspettare.
Voto: 8
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