(Innova 2013)
Il postminimalismo si caratterizza, rispetto al suo naturale predecessore, per l’utilizzo di materiali più espressivi, i quali vengono sottoposti alle classiche tecniche di trasformazione graduale, di iterazione puntellata di piccoli scarti, talvolta combinate con stilemi compositivi di altro genere. Quello di Bill Ryan, autore delle musiche qui eseguite dalla Billband – ecco un’altra caratteristica desunta dai maestri storici del minimalismo (Steve Reich, Phil Glass, Michael Nyman, ecc.), quella cioè di fondare gruppi che eseguano le proprie musiche, sì da entrare in totale sintonia con esse – è un postminimalismo alla David Lang, per intenderci. Anziché affidarsi a pattern asettici come nel primo minimalismo, dove solo il processo contava, Ryan parte da cellule tematiche di intima e nostalgica bellezza, che trascinano lentamente l’ascoltatore, attraverso tessiture strumentali sapientemente levigate – a prevalere, nel sestetto, sono a mio avviso il clarinetto basso e il violoncello, la cui efficacia è arricchita dal dialogo intrattenuto con il pianoforte e le percussioni, mai invasive ma sempre discrete, persino nei brani più dinamici –, in cullanti e meditativi affreschi ipnotici ma non propriamente rilassanti. Un viaggio nella nostra interiorità, ma senza immergersi nelle sue più remote profondità, avendo invece sempre l’orecchio e il pensiero rivolto al consolante incedere delle onde che si trascinano a riva.
Voto: 7
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