Minimal Klezmer ‘Minimal Klezmer’

(Zeus Record 2013)

Il klezmer, si sa, è ibrido per natura, originando dalla fusione di strutture melodiche, ritmiche ed espressive provenienti dalle differenti aree geografiche e culturali (i Balcani, la Polonia e la Russia) con cui il popolo ebraico è nel tempo venuto in contatto. Con l’arrivo dei migranti ebrei negli Stati Uniti tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, il klezmer si è poi nutrito del contributo del jazz (di cui ha a sua volta influenzato lo sviluppo). Da allora molto è stato fatto per attualizzare questa tradizione musicale, aprendo la contaminazione di un repertorio di temi e ritmi ebraici ormai consolidato con generi più moderni come rock e funk – si pensi al percorso esemplare compiuto da David Krakauer, che ha spinto il klezmer addirittura verso l’hip hop. Difficile è allora – per un gruppo che comprensibilmente (dato il fascino imperituro di questa musica) voglia inserirsi in questo percorso – imbattersi in vie non ancora tracciate. In questa impresa sono riusciti i Minimal Klezmer (Francesco Socal al clarinetto, Bob Durante alla melodica, Martin Teshome al violoncello e Luca Piovesan alla fisarmonica), di cui ho recentemente ascoltato un bellissimo concerto al Festival Adriatico Mediterraneo di Ancona. Vi chiederete: come hanno fatto? Direi, in sintesi, accentuando quelli che sono altri due tratti tipici del klezmer: la fusione di improvvisazione e scrittura, e l’alternanza di felicità e sofferenza, divertimento e spiritualità. Attraverso infatti una sapiente tessitura di motivi e fraseggi tradizionali, in sé già altamente espressivi delle suddette emozioni, e il loro ri-montaggio ora in intricati incastri poliritmici, ora in scanzonati e irriverenti pastiche dalla spiccata teatralità di sapore Cageano (nel recupero di oggetti poveri, da loro riutilizzati in funzione di “giocattoli musicali”), i MK costruiscono complesse ed emotivamente altalenanti trame narrative, interne ai singoli brani ma percepibili anche tra i brani stessi, essendo questi disposti secondo una sorta di plot drammatico che ha il suo culmine, sdrammatizzante, nella canzone che chiude il cd-concerto. Da vedere, ascoltare, riascoltare, e vivere fino all’ultima nota.

Voto: 9

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