Serena Spedicato ‘My Waits’

(Koiné Records 2013)

Difficile questione l’arte della cover.
Può affossarti
ignobilmente o farti toccare il cielo con un dito.
Ci vuole
coraggio ed incoscienza, nel mezzo, molto ma molto di genio (e
talvolta, santa sregolatezza irrispettosa).
“My Waits”,
esordio per la discreta voce della salentina Serena Spedicato,
è un percorso ad ostacoli, affrontato con il freno a mano
tirato.
Dieci brani, del Waits pre Kathleen Brennan
e “Swordfishtrombones”.
Prima della scoperta del
teatro, di Partch e di polveri, finalmente asciutte altamente
infiammabili.
Un brano da “The Heart Of Saturday Night”,
due da “Small Change”, tre da “Foreign Affairs”,
uno da “Blue Valentine”, tre da “Heartattack And
Vine”.
Storie umide di strada, sesso a pagamento, scoramenti
e rilanci, coraggiosi e sciancati.
Idea stuzzicante di base.
Senza
nessuna richiesta, d’esser tagliata come dei Beasts Of Bourbon
con la bava alla bocca.
Peccato che, lo sviluppo congegnato e
messo in pratica, sia quello di uno svuotamento/sventramento, che
ogni traccia di santa immondizia ed umanità, inesorabile
esclude.
Si opta per un’osservazione, puramente estetico/piaciona
(finto elegante).
Che costringe ed incasella, la voce della
Spedicato, in una trita sequela di carezze e languidezze, troppo di
troppo, mille volte mal digerite.
Un sofficino, riempito di
leggero e inconsistente jazz, amplificato/appiccicoso romanticismo ed
insopportabili divagazioni sudamericane.
Dieci arrangiamenti che
gridano vendetta, buoni per club da evitare come la peste e qualche
radio fm.
Dispiace non poco.
Attendiamo la voce di Serena, alle
prese con originali di ben altra fattura.
(si produce troppo, si
produce male…)

Voto: 4

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