(GOD Records 2013)
Una controllata tracimazione di umori pesanti (un quintale),
quest’opera del prolifico compositore serbo, Slobodan
Kajkut.
Profondo avvitamento, nell’incubo di una compressione
espressiva, che stritola umori dark (industrial), silenzi opprimenti,
nodose randellate, heavy bass e hard beats (Godflesh / Scorn),
articolazioni vocali (spesso sovrapposte o in loop), cupe da
vertigine, che s’incagliano a lungo nelle nostre ripetizioni
quotidiane (il morboso, imperturbabile ciondolamento della sesta
traccia, un cazzo di morbo).
Asciutto e persuasivo (la decadenza
post punk/dronica, della settima traccia, la lenta asfissia del brano
conclusivo).
L’attenta affilatura è il segreto di un buon
taglio.
Un rallentato e doloroso spasmo, nella solitudine d’una
stanza vuota.
Più e più volte.
Voto: 9
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