(Diplodisc 2014)
Tra una primavera che finisce, ed un’estate affogata, che par non
voler mai cominciare, perfetto s’inserisce, il primo solo del
veneziano Alessandro Monti, dopo otto anni di Collettivo
Unfolk.
Uno scheletro esposto con appartata discrezione, per
un fluire astratto e contemplativo, intriso d’invitanti
suggestioni.
In costante esplorazione di un caleidoscopico suono
post-folk.
Otto brani da viver come un rituale propiziatorio,
trasparente e carezzevole.
D’estrema onestà ed infinita
umanità.
Frammenti intimi, intrecciati con delicatezza fra
di loro.
Un’espressione complessiva, sospesa, spoglia e dolcemente
minimale, in cui è facile perdersi.
La ricerca di un suono
interiore, figlio di passioni profonde, inchiodate con grazia su di
un tiepido muro sbrecciato.
A cominciar dalla bava d’elettronica
immobile ed il feedback di mandolino del primo brano
(l’elettroacustica), passando per le chitarre, i bassi e le note di
piano, descrittive e risuonanti di armonie sovrapposte, dei brani
centrali dell’opera (brume folk/ambient in ascensione kraut), il
placido inceder pastorale del quinto frammento, aromi inebrianti di
“Discreet Music” e “Another Green World”,
rifrazioni luminose di antica scuola Factory (i Durutti
Column non da poco, del sesto brano), i metalli e legni,
enigmatico/rituali, delle due tracce conclusive, l’Africa, Don
Cherry, Sun Ra e più di un’oncia di
musicoterapia.
Non è da tutti, mostrarsi nudi e crudi.
Voto: 8
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