(Babel Label 2014)
Un’espressione soffusa ed elegante quella che anima “Ana”,
bella seconda prova per la vocalist svedese Emilia
Mårtnesson.
Interprete cresciuta nell’ultimo decennio
all’interno della UK jazz scene, in grado di liberare una notevole
voce, eterea, malinconica e notturna, che ben si adatta a questa
raccolta di originali e cover.
Accompagnata da una band misurata e
sensibile (il pianista Barry Green, il contrabbasso di Sam
Lasserson, le percussioni del brasiliano Adriano Adewale)
e da un quartetto d’archi ben calibrato nei suoi interventi
orchestrali, la rossa svedese esibisce un filo di piccole perle che
carezzano folk, morbido jazz da club, raffinato pop anni settanta ed
epidermico pulsare sudamericano.
Con gli attimi migliori
nell’iniziale Harvest Moon dell’australiano Jamie Doe
(Magic Lantern), nella delicata nebbiolina che avvolge Ana,
nella sofisticata ballata di Learnt From Love dell’inglese
Barnaby Keen, nella ragguardevole Tomorrow Can Wait di
Emine Pirhasan.
A seguire, l’affondo interpretativo di una
folk song svedese, trattenuta e minimale, che si illumina di uno
splendido tramestio percussivo.
Non tutto è a fuoco,
qualche leziosità di troppo affiora nel Paul Simon di
Everything Put Togheter Falls Apart e nella trascurabile
reprise della title track, per poi riassestarsi su di un buon
livello, con la conclusiva ballata Moffi’s Song (intima e ben
arrangiata) e nel veloce passaggio per sola voce che chiude il
lavoro.
Un’interessante affiorar complessivo di echi Joni
Mitchell e Laura Nyro, che se non saranno in futuro,
banalizzati e laccati da produzioni eccessive, potrebbe riservar
piacevoli sorprese.
Voto: 7
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