(Discus Music 2019)
Una musica che, rifacendosi all’esperienza del Hornweb Sax Quartet (di cui Martin Archer fece parte nel decennio 1983-1993) si alimenta della tradizione della musica d’improvvisazione nello stile AACM, tornando alle radici, facendo a meno del contributo sostanziale del sound elettronico, e votandosi, in parte almeno, all’astrazione sperimentale. Sprazzi di melodie, in solo o condivise dal collettivo (il collettivo delle personalità di Martin Archer che si fa in 4, 5, 6… scomponendosi e interagendo con se stesso mediante sax di tutti (o quasi) i tipi, percussioni, flauti, tastiere, ecc.), riff insistiti, assoli graffianti, momenti di collaborazione (tra i suoi diversi sé del protagonista). Registrate tra dicembre 2018 e gennaio 2019, le 13 tracce dell’album costituiscono, complice anche la dedica dell’album ai (tanti) sassofonisti che lo hanno ispirato, una sorta di “personal statement”. Archer è musicista difficilmente imbrigliabile in categorie precostituite, difficilmente riconducibile a generi ben definiti, ma ha un suo stile, un suo stile articolato, innovativo, ben riconoscibile e spesso intuitivo all’ascolto, anche quando limita la sua espressività agli strumenti acustici. A caratterizzarlo è in particolare l’uso del contrasto: il contrasto tra timbri aspri e rotondi, tra registri alti e bassi, tra strutture cadenzate regolari e lunghi momenti di anarchia. Certamente non si può negare che sia un pozzo inesauribile da cui attingere idee creative. Tra i brani che esaltano particolarmente bene le virtù artistiche di Archer segnalo, oltre alla traccia che dà titolo all’album (o da esso lo riceve), behind the sun, rose bombe / oreogasm, close together, owl joins in with the morning birds (interessante esempio, quest’ultimo, di musica descrittiva, e comunque astratta) e la scanzonata joe jar, l’unica composta da un altro (non so quanto fantastico) individuo (Roscoe Mitchell).
Voto: 10
Alessandro Bertinetto