(Da Vinci Classics 2019)
Quello che ci propone il giovane musicista italiano Claudio Jacomucci è un vero proprio viaggio nella storia della musica colta occidentale. Un viaggio che Jacomucci conduce a cavallo della sua fisarmonica, strumento di cui è senz’altro uno dei principali esponenti contemporanei, e che segue sentieri imprevisti, procedendo per balzi acrobatici piuttosto che per accostamenti lineari. Si passa così dalle atmosfere rinascimentali evocate da Monteverdi e Dowland al minimalismo venato di nostalgia del contemporaneo norvegese Martin Lohse, dalla nitidezza e brillantezza tipicamente barocca delle sonate di Domenico Scarlatti (non nuovo a trascrizioni per fisarmonica) alle enigmatiche sequenza accordali di Elgar, dal rigore contrappuntistico di Bach alle magmatiche stratificazioni sonore di Ligeti e alle sperimentazioni cromatiche di Stefano Scodanibbio. A chiudere, un brano a firma dello stesso Jacomucci (che è anche valente compositore), scritto appositamente per il suo strumento (laddove gli altri brani qui eseguiti, a eccezione di quello di Lohse, sono tutte trascrizioni – ben calibrate e non di rado originali – di Jacomucci). Si tratta di un poetico ricordo, a forma di ritratto musicale, del suo cane, Lupo, che l’Autore ci descrive come fedele e avventuroso: caratteri che trovano riscontro nella varietà di toni e registri che Jacomucci intesse con grande abilità, sfruttando anche il suono avvolgente e coinvolgente della fisarmonica, che si rivela una volta di più strumento versatile a attualissimo.
Voto: 8
Filippo Focosi