(RVNG 2019)
Torna a farsi sentire l’influente americano Craig Leon.
Musicista, compositore, arrangiatore e produttore, che ha saputo valorizzare e metter a fuoco con il suo operato nomi come Ramones, Talking Heads, Suicide, The Sound, i Fall, Blondie, Flesh For Lulu e tanti, ma tanti tanti altri, che neanche immaginate, che ad un certo punto, con i suoi due album del 1981 e 1982 (“Nommos” e “Visiting”, il primo dei due, bizzarramente edito sulla Takoma di John Fahey), ha anticipato e indicato la direzione a molta di quella etno/ambient apparsa tra fumi e detriti post-industrial di li a poco.
Colonne sonore (buone e infami), sonorizzazioni di ogni (giochi da PlayStation e svari), il suo amore per la classica, orchestrazioni di ogni genere, da Pavarotti tanto per dire a roba urk! come Mark Owen o robina come “Bach To Moog”.
Il ritorno al suono di un tempo avviene in compagnia della sua partner Cassell Webb, che lo affianca nella realizzazione di questa sua nuova uscita, che alcune suggestioni ritmiche di quelle che ti fan rallentare e levitare, le becca, ma poi, pur facendo ricorso a buona parte dell’armamentario di synth messo in campo un tempo, risulta (poteva esser altrimenti?), perfetto nella forma, ma sinceramente moscio e freddino in molte delle sue planate astrali.
La vita scorre e nel frattempo muta forma.
Non mancheranno comunque estimatori devoti.
Voto: 6
Marco Carcasi