(TUM Records 2019)
Il nome del quartetto, nato nel 2015 e di stanza a New York, è la somma delle iniziali dei nomi dei suoi membri: Oliver Lake (sassofono contralto e soprani, recitazione), Graham Haynes (cornetta, dousn’gouni), Joe Fonda (contrabbasso) e Barry Altschul (batteria, percussioni, mbira). I quattro, protagonisti della scena jazz dagli anni ’70 in avanti in America e in Europa, offrono un jazz molto votato al gioco dell’improvvisazione: un’improvvisazione che tende all’astrazione, senza esaurirvisi. Gli ingredienti principali delle 10 tracce incluse nel disco sono estesi assoli (a volte intrecciantisi in dialoghi concitati, come in Stick), su insistiti pedali armonico-ritmici (si ascolti ad esempio GS#2), temi dettati all’unisono dai due fiati, interplay accentuato tra tutti i musicisti, un groove costante (seppure a volte solosottinteso) e incursioni nella musica etnica. La sapienza jazzistica, e più in generale musicale, del quartetto si fa sentire un po’ ovunque nell’album; tuttavia, a volte (soprattutto verso la fine dell’album) trapela una sorta di retrogusto da partita delle vecchie glorie, una certa stanchezza, una confusa incertezza e un’eccessiva staticità. L’esempio più chiaro in tal senso è 3 Phrase09 in cui l’assolo finale del contrabbasso non fa che continuare la tendenza generale del brano. Ma il giudizio può valere anche per OGJB #2 e OGJB #1.
Voto: 7
Alessandro Bertinetto