(Hubro 2018)
Terzo album per l’inventivo e abrasivo quartetto strumentale di Oslo.
Chitarre, batteria, basso, piano, synths e nastri, lanciati lungo sei brani di
battente circolarità kraut, spigolosamente in bilico fra post
punk e urti No Wave. In aggiunta, secche stecche funk, corde in
modalità surf e balbettamenti (quasi) danzerini post-idm.
Si gira e rigira attorno a una frasca fine settanta/inizi ottanta,
esposta a gomme odierne e manipolazioni di studio, non troppo
distanti da attitudini hip-hop primitivo.
Qualche nastro a sinfonieggiare in distorsione ed elettronica basica in eccitazione
monofonica. Inguaribili orfani di gioventù sonica potrebbero trovar un certo conforto.
Dura il giusto e sgaloppa a dovere.
Voto: 7
Marco Carcasi