(Freedom To Spend 2018)
Sul principio degli anni ottanta dal Suffolk, col mare a sbattergli sui denti, Robert Cox, se ne venne fuori con un’ipotesi che intercettava porzioni di minimalismo sfrondato da eccessi di snobismo, disidratati umori post-punk/industrial privi di zanne e stretti rapporti con la sterminata e bizzarra comunità ruotante attorno la tape-art (santi servizi postali d’epoca).
Tra strumentazione di tutto un poco e in parte fai da te e sviluppi stratificati che sanno tanto di sragionamento avant quanto di allucinatoria emissione etno.
Scheletrini danzanti, con grazia e instancabile leggera frenesia, che gira e sbatti, nella libertà del fatto tutto in casa, sgambettano fanciulleschi tra ombreggiature sinistre, ricordi di Appalachi, strade fredde e ventose battute dalla fantasia di Moondog e pastorali krauterie alla Eno.
Tre album usciti fra il 1983 e il 1985 più un quarto album inedito nel 1988 cicciato per l’occasione, qui raccolti insieme con bella azione dalla Freedom To Spend (ma reperibile anche singolarmente).
Gioiose non letali intossicazioni, piccoli malesseri e fasi d’incanto preconsce.
Voto: 8
Marco Carcasi
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