(K-Brothers 2019)
La Kora è uno strumento tradizionale senegalese simile al liuto. Il concept di questo album è il suo impiego in un ambiente jazz e funk arricchito da ritmi africani moderni, come lo mbalax e il coupé decalé. L’operazione è stata possibile grazie all’incontro dei senegalesi Cheikh Fall (Kora e voce), attivo da tempo in Italia e autore delle dieci composizioni dell’album, e Samba Mbaye (batteria), con due musicisti cresciuti nel milieu jazzistico torinese: Gianni Denitto (alto sax, effetti) e Andrea Di Marco (percussioni). Con le sue percussioni (djembè, sabar, bougarabou, xine e tama) completa il quinttto Badara Dieng. All’album hanno poi collaborato diversi artisti: il cantante Albert Sardei in Al-Demba Talibe, una canzone dal forte messaggio sociale; il cantante Saba Anglana e il violinista Nabil Hamai in In the Deep, una fiaba di speranza; il cantante Kaly Coulibaly in Kaïra, uno spiritual dei griot (poeta-cantautore), cantato in dialetto Mandeng; e il tastierista Ibou Mbaye in Changé (canzone sui cambiamenti nell’Africa Occidentale prima e dopo la colonizzazione) e in Tiralleur, che racconta di un massacro di soldati africani da parte dei colonizzatori francesi avvenuto nel 1944.
Come si evince, le canzoni ci portano storie africane, e lo fanno facendoci ondeggiare e ballare su groove ritmici incisivi che sorreggono arie melodiche affascinanti. Il sound caratteristico dell’album è costruito dalla collaborazione tra la Kora, il sax di Denitto (promessa mantenuta delle nuove leve del jazz italiano) e le percussioni. Segnalo, tra le tante tracce accattivanti, la riuscitissima rendition di Afro Blue, di Mongo Santamaria, Ndayane; e anche i refrain di Bayo e Wiri Wiri (che significa: Gira gira e torna all’inizio) sono assolutamente coinvolgenti. Farei però prima a dire che è tutto un album da ascoltare e da ballare. L’Africa ci porta calore e freschezza, anche quando ci parla delle sue tragiche storie.
Voto: 10
Alessandro Bertinetto
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