(Fish Of Milk / ReR Megacorp 2018)
Trent’anni di attività e ventesima uscita per il cult trio strumentale australiano formato dalla propulsione ritmica di Tony Buck, il piano e l’organo Hammond di Chris Abraham e il basso acustico di Lloyd Swanton.
Non è ambient, ne jazz, non è propriamente avant ne minimalismo tout court, niente, tutto, di più, in avanti.
Uno sfarfallio di piatti continuo, un incedere fluttuante e ondivago di tastiere, una pulsazione cardiaca di corde, sostenuta, insistita, poi, compatti e d’insieme, addosso, pressanti e sbuffanti, luci, schegge, frammenti d’azzurro che schizzano tutt’attorno, che se ci aggiungi tonnellate di distorsione, parrebbe una mostruosa evoluzione ultra positiva di una circolare krauteria congegnata dagli Swans di “White Light From The Mouth Of Infinity” o “Love Of Life” (senza il lirico bovaro alla voce).
E spingono come non mai, per poi disperdersi in una quiete classico scampanellante post crollo fisico/nervoso, tra polvere che si posa e silenzio che si avvicina.
Grande album come loro solito.
Voto: 8
Marco Carcasi
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