Béla Bartok, D’Amico ‘Piano Works’

(Da Vinci Classics 2024)

La musica popolare è sempre stata utilizzata in ambito classico o colto. Nel Novecento, tuttavia, tale utilizzo conosce un cambio di paradigma: da semplice materiale da inserire in contesti più ampi e strutturati, la musica folk inizia a fornire soluzioni ritmiche e sviluppi melodici inediti, indicando nuove strade da esplorare. Tra gli esploratori, spicca ovviamente il nome di Béla Bartók, il quale, prima di arrivare a esiti complessi, affascinanti e visionari come quelli espressi, ad esempio, nei quartetti per archi o nei concerti per pianoforte, rivela il suo debito verso la musica popolare ungherese in diversi cicli pianistici. Quelli qui eseguiti presentano brevi rielaborazioni di canti e danze contadine della sua terra, che Bartók rilegge in modo insieme fedele e personale, esaltando la ruvidezza ritmica e la genuinità melodica, che vengono al contempo cesellate in forme compiute e idiomatiche per lo strumento. Su tale solco si pone anche la ricerca di Giuseppe D’Amico, compositore italiano classe 1972, attivo anche nell’ambito della musicologia e delle arti visive. Tanto con l’energico Intermezzo Folk (2023) che apre il Cd, quanto con le 10 Impressioni modali (2021) e le 5 Danze Fantastiche (2022) – in ambo i casi si tratta di cicli composti da brani di durata relativamente breve (e comunque non superiore ai 5 minuti) – D’Amico dimostra di avere fatto propria la lezione bartokiana, portandola a esiti che si pongono in perfetto equilibrio tra dimensione vernacolare e scrittura contemporanea. A parte alcuni episodi – penso ad esempio al “Valzer in modo eolico”, o alla bellissima “Habanera e canzone” (corrispondente alla quarta danza fantastica) – D’Amico non si rifà a materiali o modelli folk precisi, ma in un certo senso reinventa la musica popolare, richiamandone profili melodici, spunti ritmici, e armonie modali, che sottopone a interessanti sviluppi formali e intricati disegni contrappuntistici. Musica raffinata, dunque, a tratti virtuosistica, ma che conserva una immediatezza e una vitalità che Francesco Pasqualotto restituisce in maniera magistrale, con una interpretazione davvero trascinante.

Voto: 8/10

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